Meglio lavorare alla linea di montaggio della Jeep in America che a quella della Ferrari a Maranello. Meglio lavorare in Francia o in Spagna che in Italia. E’ la morale che si ricava dalla distribuzione della quota di utili ai dipendenti del gruppo Stellantis. (dalla quale per la verità Ferrari è esclusa, anche se è controllata dalla famiglia Agnelli tramite la finanziaria Exor), annunciata dal ceo Carlos Tavares l’1 marzo.

L’entità dei premi assegnati ai lavoratori è la seguente: ben 14.670 dollari a testa ai dipendenti Usa ex Fca che equivalgono a circa 13.000 euro; 4.400 euro ai dipendenti francesi di Stellantis, circa 2.000 agli spagnoli e solo 450 euro agli italiani. Storia naturalmente a parte, ma utile per avere un’idea complessiva, 12.000 euro ai lavoratori Ferrari sotto forma però  di premio di produttività.

Il criterio di una ripartizione così sproporzionata è semplice: i premi rispecchiano grosso modo il livello di profitto delle reti industriali nazionali di Stellantis. Se ne ricava che se nel 2021 l’utile raggiunto dalle fabbriche Stellantis negli Usa è stato enorme (circa 11 miliardi lordi, pari al 16,3% del fatturato) quello raggranellato dalle 12 fabbriche italiane di assemblaggio, motori e cambi è ridotto al lumicino. Vanno bene invece le linee di produzione francesi i cui 46.000 addetti ottengono un premio sull’utile di 10 volte superiore a quello dei 48.000 colleghi italiani. A metà si collocano i 14.000 addetti spagnoli alle tre fabbriche di Vigo, Saragozza e Madrid che da sole l’anno scorso hanno sfornato più di un milione di pezzi, ovvero più degli impianti francesi ex Psa e molto più di quelli italiani ex Fiat.

I sindacalisti sconsigliano, comunque, di fare raffronti troppo precisi. Ogni rete industriale ha il suo contratto ad hoc e poi il potere d’acquisto è diverso da Paese a Paese. Per cui in Francia il premio sugli utili di 4.400 euro comprende molte voci mentre i lavoratori italiani di Stellantis hanno già ricevuto un premio sulla produzione a febbraio diverso da fabbrica a fabbrica ma mediamente del valore di 1.400 euro.

Fatta la tara di tutti i dettagli, la distribuzione degli utili di Stellantis merita un supplemento di riflessione. Punto primo: va ricordato che il colosso franco-italo-americano assegnerà ai propri lavoratori nel mondo 1,9 miliardi, pari al 14% del monte-profitti netto di 13,4 miliardi di euro mentre gli azionisti riceveranno 3,3 miliardi per il dividendo annuo oltre a una promessa di buy-back delle azioni.

Punto secondo: il mini-premio ai dipendenti italiani segnala – sembra di capire – il ritorno all’utile della rete industriale ex Fiat che era rimasta in passivo anche durante la gestione di Sergio Marchionne durata 14 anni. E’ una buona notizia, ma ancora modesta. Non a caso Tavares nel piano strategico presentato il primo marzo ha fissato obiettivi ambizioni per Maserati, Alfa Romeo e Lancia: quadruplicare la produzione e quintuplicare gli utili entro il 2030. Rose che fioriranno anche sui premi ai lavoratori? Vedremo.

Punto terzo: il sindacato italiano diviso in sette organizzazioni (in ordine alfabetico: Associazione quadri; Cobas, Fim, Fiom, Fismic, Ugl, Uilm) sta cercando di difendere le fabbriche italiane ma appare impotente nella partita strategica sulla trasformazione di Stellantis da azienda manifatturiera in colosso della tecnologia applicata alla mobilità. Eppure Stellantis per statuto riserva due poltrone delle 11 del suo Cda ai rappresentanti dei lavoratori. Un’opportunità finora del tutto ignorata dai dipendenti e per nulla dibattuta dai sindacati.

E tuttavia dalla partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda arriva un segnale chiarissimo a favore del pragmatismo del sindacato americano. Uaw (United automotive workers) è passato attraverso mille tempeste: durante la crisi del 2009 accettò di rinunciare per sei anni al diritto di sciopero e l’anno scorso il suo gruppo dirigente è stato decapitato dalla magistratura per casi gravissimi di corruzione.

Però venerdì 11 marzo 2022 i lavoratori ex-Chrysler torneranno a casa con tasche mai così piene da 35 anni a questa parte. Il loro premio è superiore ai 7.400 dollari di quello Ford e ai 10.250 di quello Gm. La ex Fiat Chrysler, la cenerentola delle Big Three di Detroit, ha battuto le altre due sorelle per utili anche perché nel 2014 Uaw accettò di essere finanziata dall’azienda per collaborare  all’implementazione nelle fabbriche americane del sistema produttivo World Class Manufacturing. Il grosso dei margini è arrivato grazie allo sviluppo di Jeep e Ram nella fascia più alta del mercato ma anche per una buona qualità del lavoro e da una sorta di cogestione sindacale. Un altro pianeta rispetto all’Italia, a partire dai premi sull’utile per i lavoratori.

@diodatopirone

Lascia un commento