Piatto ricco mi ci ficco. Per la ceo di Gm Mary Barra è un idioma da what?, ma è esattamente ciò che vuole fare riportando il marchio di Detroit in Europa. Motivo: qui è la festa dell’auto elettrica, qui è il mercato dei veicoli a batteria che cresce più rapidamente. Barra lo ha detto intervenendo a una conferenza a Los Angeles del Milken Institute, un pensatoio nonprofit, in un battito d’ali di farfalla che sta provocando dei tuoni presso i nostri costruttori, già al riparo per una temuta invasione cinese prossima ventura.

The dish is rich, so I dive in (?) perché il nostro disunito continente, grazie alla politica, è diventato di colpo il laboratorio di mobilità a zero emissioni più avanzato del mondo con la proposta di fermare dal 2035 la produzione di veicoli con motori termici. E incentivi pubblici benvenuti sempre.

A Bruxelles, la lobby dei costruttori si sta strappando i capelli (è ben pagata, comunque). Un giorno arriva una accelerazione, un altro un mezzo stop, mentre al parlamento europeo di Strasburgo giocano a testa e croce: la commissione trasporti vota un parere contro il divieto del 2035, la commissione ambiente ne dà un altro di segno opposto. E così via a montare e smontare come Lego le mitiche pianificazioni quinquennali di un’industria che, Tesla a parte, così lavora.

Mary Barra, prima donna ceo nel 2014 tra i giganti dell’auto, tre anni dopo ha avuto il coraggio di abbandonare l’Europa vendendo a Psa la controllata Opel che perdeva miliardi da oltre un decennio, salvo tenersi un ufficio nella neutrale Zurigo perché non si sa mai.

Barra ha tirato dritto e finora ha avuto sempre ragione: ha detto no a Sergio Marchionne che avrebbe voluto fondere Fca con Gm e prenderne la guida, ha investito tutto sull’elettrico saltando la fase ibrida e mettendoci 35 miliardi di dollari fino al 2025 (comprensivi anche dello sviluppo dalla guida autonoma), ha salvaguardato il titolo in Borsa con soddisfazione degli azionisti e della sua remunerazione, la più alta del settore (29 milioni di dollari nel 2021 dai circa 23 precedenti). Alla Casa Bianca, dove è stata decisa una pioggia di miliardi per la mobilità sostenibile, è una bien aimée. Dettaglio da non sottovalutare in tempi in cui geopolitica e geoeconomia sono in fase di riscrittura.

Insomma, è da temere una manager che non vede l’ora di imbucarsi alla grande festa europea dell’auto elettrica. Magari si è pure letta questo articolo di The Atlantic, in cui si spiega la formula matematica per calcolare l’ora esatta a cui presentarsi a una festa (io sono fermo al mi si nota di più se vengo o non vengo di Nanni Moretti). Ma qui non c’è niente da ridere.

Gm che torna in Europa grazie al nuovo business elettrico è un segnale preoccupante per i rivali presenti. Gm non ha più rete distributiva, ma che ci farebbe? Come nell’editoria, mio antico paragone,  i dealer destinati a sopravvivere sono solo quelli grandi, con premi e percentuali sempre più ridotti con la scure da parte delle Case. Mentre i margini sull’auto elettrica sono minori, la vendita online avanza, la spinta alla disintermediazione dei costruttori verso la rete viene accelerata.

Il volume sarà dirimente per chi vorrà continuare a vendere macchine (mobilità, come si dice adesso). Così, io grande concessionario se anche vendo Stellantis o Volkswagen, mi prendo di corsa le auto a batteria cinesi e quelle di Mary per sempre. Le faccio pure un favore. E sopravvivo. Forse. Cosa non si fa per l’auto elettrica, eh? Altro che fidelizzazione e vecchi merletti.

@fpatfpat

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