Questo articolo richiede un supplemento di pazienza: è imbottito di numeri (interessanti, fidatevi) anche se la sua parte più importante non sono i numeri. Che però aiutano a sostenere una tesi sul Dna di Stellantis che da tempo mi frulla nella testa e che i dati trimestrali annunciati ai primi di maggio avvalorano.

Quale tesi? Non è vero che Stellantis sia una fusione franco-italiana a guida francese e con sede in Olanda. E neppure che dalla fusione fra Fca e Psa sia nata una creatura ibrida o apolide. A ben vedere, il colosso guidato da Carlos Tavares un passaporto ce l’ha: quello Atlantico.

Stellantis è de facto una multinazionale Occidentale con la “O” maiuscola, con un doppio baricentro in Europa e in America (anzi nelle Americhe, dato il dominio del mercato brasiliano). Non ce ne sono molte. E, soprattutto, non è cosa da poco con i brutti tempi che corrono.

Volkswagen fa il grosso dei soldi in Cina. Gm ha lasciato l’Europa. Ford il Brasile. Invece il Dna Occidentale di Stellantis  – del tutto ignorato dagli osservatori e dai mercati – probabilmente è destinato ad accrescere la valenza strategica di questa azienda grazie all’evoluzione dell’industria automobilistica che aggiungerà sempre più valore tecnologico alla capacità manifatturiera, vero asset strategico e sociale di quella che resta l’industria delle industrie, secondo la celebre definizione dell’economista austriaco Peter Drucker.

Ma perché la prima trimestrale 2022 di Stellantis le fa impugnare la bandiera dell’Occidente? Qui entrano in scena i numeri. I giornali hanno riportato quelli complessivi secondo i quali, pur con un calo del 12% delle consegne, la società ha registrato un aumento del 12% del fatturato arrivato a 41,5 miliardi di euro.

Infatti sono i numeri per aree geografiche che raccontano davvero il “caso Stellantis”: mentre in Europa le consegne sono scese del 24% e il fatturato del 9%, in Nord America l’azienda guidata da Carlos Tavares ha registrato un aumento delle immatricolazioni del 6% (mentre il mercato calava del 15) il che ha consentito una impennata del fatturato nord americano da 16 a 21 miliardi di euro. Una lievitazione del 30% che non si ricorda a memoria umana, ulteriormente ingigantita dalla rivalutazione del dollaro. Un dato da far luccicare gli occhi perché gonfierà gli utili aziendali assicurati dal mercato Usa, enormi già nel 2021.

L’anno scorso Stellantis ha registrato un margine del 16,3% in Nord America (siamo sui livelli di marchi premium come Bmw) e sull’altra sponda dell’Atlantico ha accumulato la bellezza di 11 dei 18 miliardi di profitti lordi messi in cascina. Una massa di dati – mi scuso per averne messi in fila troppi – che forse aiuta a mettere a fuoco anche un altro capitolo delicato, quello del sovrapprezzo pagato da Psa agli azionisti di Fca al momento della fusione.

Per capire ancora meglio il peso di Stellantis Nord America vale la pena di riportare i dati di un osservatorio specializzato come TrueCar secondo cui, sempre nel trimestre, in America Tavares ha venduto le sue auto a un prezzo medio di 52.700 dollari ognuna con una crescita del 21% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso mentre il livello medio dell’intero mercato (43.850 dollari) è cresciuto “solo” del 16%.

Singoli marchi Stellantis luccicano anche di più: Jeep ha raggiunto un prezzo medio di 50.350 dollari con un aumento del 29% grazie anche al nuovo modello di lusso a 7 posti Grand Wagoneer, impostato da Sergio Marchionne e piazzato allo stratosferico livello di 96.800 dollari a esemplare. Per avere un termine di paragone, da gennaio a marzo il prezzo medio delle Maserati in America è stato di 89.700 euro (+10% sul primo trimestre 2021).

Incredibilmente in Sud America – che però vale solo il 15% di Stellantis Usa – per Tavares le cose vanno ancora meglio visto che con un calo dell’8% delle consegne il fatturato trimestrale si è gonfiato del 40,3% a 3 miliardi di euro. Su Les Echos, il quotidiano economico francese, si sono lamentati che Tavares stia trasformando un’azienda francese come Psa in una impresa multiculturale. Forse noi italiani dovremmo porci un’altra domanda: può essere definita “a guida francese” una azienda con questi numeri e queste caratteristiche?

@diodatopirone

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