Tesla continua a far dicutere. Figuriamoci se la “buona parola” questa volta la mette Ferdinand Piëch, padre padrone del gruppo Volkswagen. Non proprio uno qualunque. Un ingegnere austriaco d’altri tempi, giovane apprendista da Giugiaro e grande appassionato di motori italiani (l’acquisizione di Ducati è stata una sua volontà, quella di Alfa Romeo rimane un suo sogno): un uomo che all’età di 76 anni e qualche problema di salute, si dice, comandi ancora “a bacchetta” (magari con il tramite della potente moglie,  frau Ursula)  un altro ingegnere d’acciaio come  Martin Winterkorn, numero uno Volkswagen.

Piëch, secondo quanto riporta il quotidiano economico Handelsblatt, a Ginevra si sarebbe fatto sfuggire una battuta sulla Tesla: “Non vorrei mai avere in garage un’auto che prende fuoco”. Così più o meno riporta il giornale tedesco. Piëch fa riferimento all’incendio che ha coinvolto una Tesla Model S a seguito di un incidente. Frase riportata dall’Handelsblatt nelle stesse ore in cui la Volkswagen di Piech, presentava in grande stile al vecchio aeroporto Templehof di Berlino, la prima Golf elettrica.

Piëch non crede all’elettrica? Difficile. Non avrebbe mai consentito alla sua XL1, l’auto da un litro per 100 km, da sempre suo obiettivo, di avere a bordo un motore elettrico nella tecnologia ibrida plug-in. Non avrebbe mai accettato la strategia di Winterkorn di puntare per il futuro sullo stesso sistema ibrido plug-in per tutti i marchi tedeschi. A partire dall’amata e familiare Porsche (Piëch è nipote del fondatore Ferdinand Porsche) con la Panamera Hybrid.

A chi si riferiva allora Piëch, uomo solitamente molto parco con le parole? Proviamo a fare qualche ipotesi. La polemica potrebbe essere verso i nuovi arrivati: quelli premiati dal mercato finanziario (leggi Nasdaq di New York) e meno da quello vero delle vendite. Almeno come siamo abituati a pensare noi. Su questo l’Handelsblatt, nel commento dell’11 marzo scorso, è andato giù pesante su Piech sottolineando come la Tesla sia riuscita a vendere partendo da zero nel 2013 quasi 22.500 Model S. Non poche per una tecnologia che sconta ancora problemi infrastrutturali e rimane molto costosa. I colleghi tedeschi hanno poi ricordato a Piëch come gli Stati Uniti, da dove arrivano le elettriche Tesla, siano stati finora avari di soddisfazioni per il gruppo di Piech (Porsche a parte).

Le perplessità di Piëch potrebbero riguardare anche i partner di Tesla. Daimler ad esempio: la Casa di Stoccarda ha una partecipazione del 10% Tesla e ha sviluppato con i californiani prima la Smart elettrica e poi ora la Classe B elettrica. Ho parlato a Ginevra con Dieter Zetsche, presidente di Mercedes, e con Thomas Weber, responsabile della ricerca e sviluppo della Casa tedesca: entrambi mi sono sembrati soddisfatti della partnership. Così come sembrano soddisfatti anche i giapponesi di Toyota: proprietari del 2% circa di Tesla hanno sfruttato la tecnologia della Model S per lo sviluppo della Rav4 elettrica. E’ possibile che aziende di grande tradizione come Mercedes e Toyota abbiano dovuto contare su Tesla per sviluppare modelli elettrici? Che nella mente di Piëch potrebbe suonare come: Tesla non avrai mai il mio scalpo.

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