Riprendo volentieri un articolo apparso nei giorni scorsi sull’edizione americana di Automotive News dal titolo “Can Prius set the pace again?” Effettivamente la questione è interessante, nel senso che con l’arrivo di così tanti modelli ibridi, l’icona Toyota sembra aver perso la sua ragion d’essere.
Da sempre l’andamento delle vendite Prius negli Stati Uniti è legato al prezzo della benzina: quando scende, come negli ultimi anni, inevitabilmente gli americani tornano a comprare trucks e suv. In ogni caso oggi tutti hanno fatto passi avanti nei consumi ed il tradizionale vantaggio competitivo di Prius è venuto meno. Così come è svanito l’appeal tecnologico che dieci anni fa ne aveva fatto l’auto preferita degli attori di Hollywood, gli stessi che per mostrarsi attenti all’ambiente, oggi guidano una Tesla.
La Prius d’altronde non sembra avere miglior fortuna in Europa, dove le vendite si sono dimezzate rispetto allo scorso anno, meno di 5 mila unità in sette mesi. Eppure, tra il 2007 ed il 2010, in Europa se ne erano vendute 150mila e nel 2005 Prius aveva perfino vinto il premio di “Auto dell’Anno”. Certo, nel frattempo la tecnologia ibrida è stata estesa da Toyota ad altri modelli (Yaris ed Auris), che di fatto hanno giocato una concorrenza interna alla sorella maggiore ma l’impressione è che ormai Prius abbia perso la sua unicità.
La quarta generazione, quella che dovrebbe arrivare il prossimo anno poi non è partita con il piede giusto. La nuova architettura modulare TNGA (Toyota New Global Architecture) la cui prima applicazione è prevista proprio con la Prius, sembra creare qualche problema in più del previsto ai tecnici giapponesi, mentre il giudizio di chi ha visto la nuova generazione è contraddittorio: per alcuni il design ha ben poco di europeo, per altri invece la linea del nuovo modello è filante e sportiva, il che garantirebbe di fare più di 20 km con un litro di benzina. Anche se avessero ragione questi ultimi, basterà a riportare la Prius nella testa dei clienti americani ed europei?
