Da una parte c’è Marchionne che confessa i suoi vizi di drogato di capitale e cerca spasmodicamente altre fusioni, dall’altra le virtù della tecnologia Skyactiv di Mazda, sancite da un’alleanza col “numero 1” Toyota che vale sia da riconoscimento per il presente, sia da garanzia per i decenni a venire.

In mezzo c’è un abisso concettuale e pratico, tra il CEO di Fiat Chrysler che crede che il futuro stia nella condivisione dei costi R&D – quindi, fondamentalmente, in un unico motore per tutti – e la piccola casa di Hiroshima, che con un budget minimo (on a shoestring, direbbero gli anglosassoni) è riuscita a tirare fuori un “qualcosa di completamente diverso”.

La scommessa di Mazda comunque non finisce qui, perché l’amministratore delegato italiano Andrea Fiaschetti in un’intervista recente  mi ha anticipato che entro i prossimi due anni e mezzo le tecnologie Skyactiv progrediranno ancora, raggiungendo una forchetta di emissioni tra i 105 del 3 litri e i 79 g/km di CO2 del 1,5 per i benzina, con numeri ancora più bassi per i diesel. Il tutto senza bisogno dell’ibrido Toyota; non ancora, almeno.

Un’altra che continua a fare di testa sua in materia di R&D – pur con tutte le peculiarità dal caso – è Tesla Motors, le cui perdite però sembrerebbero dare ragione alla tesi di Marchionne. Per ora almeno, perché bisogna vedere se e come i numeri cambieranno quando il crossover Model X arriverà sul mercato. Senza considerare la Gigafactory di batterie, ovviamente.

Per chiudere la carrellata di gente che balla da sola, c’è poi Subaru: un “gioiellino” da profitti e crescita record (rispettivamente 9% e +44,7% di vendite dal 2011) che però, come riporta Automotive News, comincia a fare i conti con le difficoltà della solitudine dei suoi motori boxer.

La domanda è semplice: è ancora possibile, in un mondo globalizzato, fatto di piattaforme e moduli in comune che rendono tutte le auto sempre più simili, portare sul mercato tecnologie valide e importanti a fronte d’investimenti modesti nell’R&D? Oppure siamo tutti condannati al “motore unico”?

Ai tempi del pensiero unico, Margaret Thatcher diceva «There is no alternative». Oggi Marchionne guardando i numeri dice più o meno la stessa cosa, però non spiega un passaggio fondamentale: come i numeri si traducano poi in innovazione. Per dirla alla Dieter Zetsche, numero uno di Daimler: «Steering the company more from the economical side, the numbers side, is basically controlling the results and not the causes».

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