Il software o centralina di controllo con cui la Volkswagen truccava le prove di omologazione è una spia di quel che è diventata l’automobile moderna. E dei rischi che attendono noi consumatori nello sviluppo delle auto di domani, dove i software prevarranno sempre più sull’hardware. Questo è anche il primo punto di frizione fra i costruttori tradizionali e i giganti del tech come Google ed Apple, lanciati sulle quattro ruote e sulla guida autonoma.
Ma il punto dei consumatori è un altro: chi controlla cosa, e come?
In tasca non teniamo più un telefono ma un computer. Martin Winterkorn, l’ormai ex amministratore delegato del gruppo Volkswagen, aveva promesso entro il 2020 – poco prima di essere travolto dallo scandalo delle emissioni truccate – “auto come smartphone”. Lo faranno tutti, arriverà prima chi ha più soldi da investire.
Il software usato dal gruppo tedesco per imbrogliare ai test di omologazione è prodotto dalla Bosch, marchio leader mondiale nella componentistica di settore: è una centralina che tiene in memoria diversi pacchetti-dati di iniezione, questi però “costruiti” dal produttore di auto che decide in autonomia quale impiegare nelle diverse circostanze di utilizzo.
Tesla, il costruttore americano di auto elettriche, afferma di guadagnare sull’automobile (anzi, di ridurre le perdite non avendo ancora presentato un bilancio in nero) non dall’assistenza come avviene altrove, ma dalla vendita delle macchine con prezzi e margini alti e dall’aggiornamento dei software a bordo. Oltre naturalmente che dalla cessione di brevetti e batterie.
La Tesla non hai mai presentato il Model Year, cioè il modello rinnovato che gli altri costruttori lanciano sul mercato in agosto (Usa e Gran Bretagna) dopo un tot di anni: preferisce fare aggiornamenti dei software, abbondantemente presenti come sulla Model S (e da oggi sulla Model X, il suv in consegna con 20.000 preordini) e venderli al cliente. L’auto ha un problema? Di notte, mentre è parcheggiata, i tecnici di Tesla intervengono da chissà dove via computer per “ripararla” e al mattino è tutto ok. Più facile, ovviamente, farlo su un’auto elettrica che su una macchina con motore termico, cambio, radiatore, eccetera.
Il software e il suo sviluppo – se vogliamo passare dalla tecnica alla filosofia – rappresentano non soltanto l’auto di domani, ma una vita che la si vorrebbe costruire on demand. Ovunque: seduti a casa, al volante senza più guidare, con in tasca o al polso quello che passa il convento. Poi scopro, che so, che i medici in Norvegia usano ancora i floppy disk e mi convinco che il bene più prezioso sia la memoria, la nostra, non quella dell’hard disk.
Ma se tutto sarà on demand, probabilmente un bisogno indotto come è stato il consumismo, ho paura che sarà sempre più difficile “domandare” di non essere truffati. Chi controlla cosa, e come?
[…] Franz von Holzhausen starà in pace con lo stile della Model S perché sa che Tesla non è un marchio di automobili come gli altri. Quelli del Model Year, del restyling, de’ che? Anzi so what? Alla Tesla sono di moda solo rinfrescate digitali. […]