La copertina dell’Economist di questa settimana è dedicata alla cancelliera Angela Merkel, da 10 anni al potere. Il titolo è d’onore: “The indispensable European”. Per uno di quei casi della vita, i 10 anni di Merkel al vertice coincidono con i 10 anni di crescita pazzesca di un altro potere, quello del gruppo Volkswagen nel settore dell’automobile.
Volkswagen aveva un valore di borsa di 15,9 miliardi di euro nel 2005, diventati 126 miliardi nel maggio scorso, ancora 53,5 miliardi venerdì nel pieno di una crisi devastante. Un colosso industriale che si può definire anch’esso “l’indispensabile europeo”, guidando non solo l’economia di settore del vecchio continente ma anche la conquista della Cina con l’export e con il suo ruolo di apripista ad altri costruttori stranieri.
La grande differenza è che Merkel è ancora in alto (“l’Europa ha bisogno di lei come non mai”, scrive l’Economist), mentre Volkswagen è precipitata nella più grave crisi della sua esistenza. Una sorta di divergenza parallela che, con il senno di poi, si può dire coincida anche con due gesti opposti compiuti proprio 10 anni fa da Merkel e da Volkswagen. Forzatura? Certamente, ma il fascino della coincidenza è troppo netto per non ricordare quel 2005.
In quell’anno, Merkel accettò di fare una grande coalizione con la Spd per governare, prendendo il volante del governo che non ha più lasciato. Una scelta inclusiva. Volkswagen fece invece una scelta esclusiva e addirittura decisiva, secondo il Wall Street Journal, per i futuri guai sul motore diesel in America truccato dai tedeschi ai controlli su emissioni e consumi: la cacciata di Wolfgang Bernhard dal vertice di Wolfsburg, poi tornato felicemente in Daimler dove continua a lavorare. Qui il link della storia su come Bernhard pensava in altro modo per il nuovo motore diesel e la strada che invece fu intrapresa, fino alle accuse di imbroglio da parte dell’Epa statunitense alla Volkswagen nel settembre scorso. Sono indicazioni di lavoro per chi vuole saperne di più, altro è metterci la mano sul fuoco.
I 10 anni di Merkel non sono stati naturalmente tutte rose e fiori, ricorda l’Economist, che sottolinea uno dei punti deboli della cancelliera, diventato un neologismo in tedesco, “merkeln“, cioè “to merkel“, da tradurre in “rimandare le grandi decisioni”. Un modo di fare molto politico, che ho tuttavia l’impressione di ritrovare in alcuni stop and go del costruttore tedesco nella gestione della sua crisi.
La Volkswagen pensa di “merkellizzarsi” per uscire dalla tempesta perfetta in cui si è cacciata? Se c’è una cosa che Wolfsburg non credo possa più fare, è rimandare una sua rifondazione. Culturale, innanzitutto, senza essere tentata ancora una volta da pericolose scorciatoie.
[…] della Volkswagen per una volta coincidono con quanto scritto da Francesco Paternò su questo blog. Leggo qui della necessità di una rifondazione culturale per Volkswagen, in perfetta sintonia con le dichiarazioni formulate dal gran capo di Fiat Chrysler. […]