Tra una manciata di mesi, la Trabant compirà sessant’anni: come me ne sono accorto? Celebrazioni in vista? No, affatto. E’ solo che lo scorso mese mi è capitato di imbattermi in qualche lettura di rievocazione e commento relativa all’anniversario della caduta del muro di Berlino. Un cambiamento epocale, che determinò situazioni nuove alle quali non tutti seppero adattarsi. Ciò valse anche per il mercato automobilistico della Germania orientale, di fatto monopolizzato dalla Trabant come unico mezzo di trasporto privato di fatto accessibile alla gente.

Se non fosse stato per gli U2, che all’inizio degli anni novanta si rifugiarono a Berlino per risolvere una crisi interna che sfociò in uno degli album migliori della loro produzione, Achtung Baby!, forse non avrei mai saputo cosa fosse una Trabant. Venne utilizzata, infatti, come elemento scenografico nei concerti dello Zoo TV Tour che seguì l’uscita dell’album che, da fan devoto, studiai in ogni suo dettaglio.

Una macchina progettata e messa in produzione nella Germania Est degli anni cinquanta che accompagnò la vita della nazione fino alla sua scomparsa. Il nome Trabant venne coniato nel 1957: tradotto significa “compagno di viaggio”. Di questo, in effetti, si trattava: di un affidabile compagno di viaggio che il “mercato” del regime comunista metteva a disposizione del popolo nelle tre versioni berlina, cabriolet e giardinetta.

Il motore a due tempi non brillava per le sue prestazioni: velocità massima 112 km/h ma, soprattutto, 29 secondi per arrivare da zero a 100 km/h, un’eternità ammantata di rumore e fumi di scarico da cartone animato. Non erano le prestazioni della meccanica o la gradevolezza dell’estetica a fare della Trabant un buon compagno di viaggio: quella era roba da capitalisti dell’Ovest. A Berlino Est, Dresda, Jena doveva bastare una buona carrozzeria per accompagnare i cittadini negli spostamenti.

Il Duroplast, un materiale pressato di lana o cotone misto a resine resistente agli urti, vestiva bene le caratteristiche della carrozzeria che una macchina doveva avere: resistente, leggero, termicamente isolante, inossidabile e dai bassi costi di produzione. What else? Una quattroruote che, seppur per tutti, non era proprio nell’immediata disponibilità di tutti.

Prova ne era il fatto che veniva inserita nei contratti dei calciatori delle squadre più importanti, magari insieme a una casa in collina, per rendere la loro situazione più agiata rispetto al resto della popolazione e non fargli venire la voglia di trovare un modo per scavalcare quel maledetto muro e sognare. Sognare di giocare nella Germania Ovest, anche in seconda divisione, là dove nei contratti dei professionisti che praticavano lo stesso sport venivano inserite Bmw, Mercedes e magari Porsche, oltre ad assegni di portata incomparabilmente superiore.

L’unione delle due Germanie non fu indolore. Nel giro di pochi mesi la Trabant, come un vecchio dinosauro, non venne più prodotta. Scomparve inghiottita dal mercato capitalista, come le squadre di calcio dell’esercito e della Stasi, che si persero nelle serie minori della Deutscher Fussball Bund. Oggi qualche esemplare è ancora in circolazione sulle strade dell’Europa dell’Est e dell’Islanda. Le altre sono state polverizzate. O, meglio… asfaltate, essendo le loro carrozzerie state macinate per la costruzione di alcune pavimentazioni stradali.

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