Auto elettrica, il 2035 è più vicino della Cina per l’Europa della politica. Che improvvisamente si è fatta prendere da mal di pancia sul divieto di produzione di motori endotermici a partire da quella data. A Bruxelles è stato no, poi sì, sì però in queste settimane. Da Breton a Timmermans a Germania-Francia (Italia solo accodata). Specchio di debolezza a 27 mentre intorno è guerra, virus bancari, siccità.
L’auto elettrica non risolve, eppure siamo dentro a una emergenza ambientale che fa spavento. Come a New York nel 1900, primo Salone dell’auto al Madison Square Garden, fuori è allarme rosso(verde): i cavalli che assicurano mobilità lasciano ogni giorno per le strade 1 milione 200mila chili di sterco e 240mila litri di urina (“The car culture”, James Flink). Oggi in città c’è da tremare per la qualità dell’aria fra emissioni e polveri sottili anche da trasporti, scriverà fra cent’anni un altro storico.
Auto elettrica, siamo di nuovo all’uovo e la gallina. Fin dai tempi di Aristotele, il potere ha scelto sempre l’uovo per evidenti motivi. Le convulsioni della politica europea sembrano tuttavia legate non alle sorti dell’industria ma alle elezioni del 2024, quando il voto con il proporzionale dei cittadini d’Europa potrebbe cambiare maggioranze, ministri, governo, umori e tendenze. Siamo tutti un po’ guidatori, e dunque se l’auto elettrica suona a molti ancora indigesta, meglio stare attenti. Un volante, un voto.
Il paradosso, il grande paradosso è che l’industria dell’auto ancora non riconvertita all’elettrico dimostra di essere più ferrata della politica. Dopo una lunga frenata, non fa più differenza fra l’uovo e la gallina, li vuole subito entrambi. Così capita che mentre la Germania tratta con Bruxelles sulla spinta dello scontro interno alla sua larga coalizione di governo, il gruppo Volkswagen investe altri 122 miliardi sullo sviluppo dell’elettrico collegato al software. O prendete Jaguar, che pure non è più da Unione europea ed è di proprietà indiana: trasformandosi solo a zero emissioni dal 2025, conferma l’annuncio in aprile dei suoi piani dopo essere sparita per due anni dai radar della comunicazione. Un’industria in piena digestione.
I costruttori tirano dritto dopo aver fatto battaglie di retroguardia sul tema perché nel medio termine la strada è senza ritorno, e forse i bilanci un po’ rinfrancano. Nel 2022 in molti hanno registrato profitti record: del resto producono quello che vogliono grazie a microchip millesimati, vendono senza sconti a noi che compriamo sapendo di aspettare l’auto anche un anno e pagandola a rate con tassi d’interesse alle stelle. Andare a zero emissioni è soltanto un nuovo business.
Auto elettrica, un volante un voto. Sull’uovo e basta potrei capire giusto i colossi dell‘industria petrolifera, che nel 2022 (fonte le Monde) hanno fatto profitti netti record come non succedeva da chissà quando, complessivamente 153,5 miliardi di dollari. Ma la gallina servirà anche a loro, di voti non ne hanno bisogno e semmai li procurano. Vecchia storia.
[…] fa mentre a Washington s’investono centinaia di miliardi sulla sostenibilità e a Bruxelles si naviga improvvisamente a vista sul bando alla produzione di motori endotermici dal 2035, fra scontri, ripensamenti, trattative. […]