Sono 140 le società valutate 1 miliardo di dollari o più: il cosiddetto “club degli Unicorni”. Solo quest’anno ben 70 startup sono entrate in questo circolo esclusivo a cui appartengono nomi noti come Airbnb, Snapchat, Pinterest, Evernote, Hootsuite, Dropbox e anche SpaceX di Elon Musk (12 mld di dollari di valutazione).

Il club degli Unicorni vale, complessivamente, 508 miliardi di dollari, poco meno di aziende come Apple e Google, ma molto di più di aziende come Microsoft, Exxon, Berkshire Hathway o Amazon. Se avete voglia di farvi una cultura in materia, qui potete trovare la lista completa https://www.cbinsights.com/research-unicorn-companies. Ma, senza guardare, secondo voi ci sono aziende legate al mondo dell’automotive?

Non c’è nessuna azienda “classica” di auto, nessuna azienda di auto elettriche o di driverless car, ma solo società legate alla “mobilità alternativa” e, comunque, si tratta solo di 7 aziende su 140 (il 5% di tutto il club) e rappresentano un piccolo 15% della valutazione totale: circa 78 miliardi di dollari. Se pensiamo che, da sola, la prima in classifica è Uber e vale più di 60 miliardi, ci rendiamo conto immediatamente che l’auto ha un ruolo davvero secondario, per non dire inesistente, in questo club miliardario.

Sembrerebbe la conferma del fatto che l’auto, ultimamente, ha sempre meno fascino ed è un po’ sottotono. Però anche quello che sembra essere il futuro, la mobilità “condivisa”, non è che se la passi molto meglio. Le sei aziende presenti nel circolo esclusivo sono Didi Kuaidi (Cina), valutata 15 mld di dollari; Olacabs (India), vale 5 mld di dollari; Lyft (Usa), 2,5 mld di dollari; BlaBlaCar (Francia), 1,6 mld di dollari; Ucar Group (Cina), 1,25 mld di dollari; Grabtaxi (Singapore), 1,5 mld di dollari.

Quattro di queste (Didi Kuaidi, Ola, GrabTaxi e Lyft) hanno da poco formato un’alleanza anti-Uber: i clienti di ogni compagnia potranno usare la loro app locale per prenotare un’auto quando viaggiano nei paesi dove sono presenti gli altri network. Appena nate e già costrette ad allearsi per sopravvivere…non proprio un bel segnale!

Il quadro che ne esce è di una realtà fortemente concentrata negli Usa o in Asia e comunque non di business innovativi ma fotocopie di Uber, se si esclude BlaBlaCar che ha una propria originalità.

Forse che non sia un vero business? Oppure è prematuro e non siamo ancora pronti a non acquistare più auto? Oppure non è questo il futuro della mobilità e dobbiamo solo aspettare le driverless car o fonti di energia alternative? O più semplicemente stiamo vivendo in un periodo di transizione e solo in pochi osano buttarsi in un settore che deve ancora trovare la sua strada?

Le domande sono tante e le risposte poche, ma se voi foste degli investitori istituzionali mettereste dei capitali in questi Unicorni? Oppure, come investitori privati, comprereste azioni di queste società?

Quest’anno c’è stato il minor numero di società tech che sono state quotate dal 2009. Secondo Renaissance Capital, nel 2015 ci sono state “solo” 22 IPO di società tech, rispetto al 2014, quando furono 55. Meno quotazioni quindi, ma il club degli Unicorni cresce a dismisura grazie agli enormi finanziamenti da fondi privati. Poi però, quando questi grandi investitori decidono di disinvestire le loro quote, ecco che il mercato comincia a farsi delle domande.

E’ quello che è successo in novembre,  quando Fidelity e BlackRock sono uscite dai loro investimenti in Dropbox e in Snapchat. Il campanello d’allarme è suonato forte tra gli investitori e in tanti hanno cominciato a chiedersi se stesse per esplodere la bolla. Magari è per questo che il settore auto è poco rappresentato: l’automotive non ha bisogno di altre bolle, anzi deve ancora finire di leccarsi le ferite dopo gli ultimi scossoni.

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