Ho letto con attenzione l’articolo e le interviste a Karl-Thomas Neumann e Jim Farley, i due ceo di Opel e Ford Europa, sull’ultimo numero di Automotive News Europe. I due appaiono sorridenti in copertina e sono iper ottimisti. Vi dico subito la mia opinione: è probabile che facciano soldi in Europa quest’anno, ma è assai improbabile che nei prossimi anni Opel e Ford raggiungano in Europa un margine operativo superiore al 5%.
Andiamo con ordine. Gm e Ford hanno appena pubblicato i risultati finanziari 2015, che si somigliano in modo impressionante. Fatturato (circa 150 miliardi di dollari), Ebit (11 miliardi) e margini (circa 7%) sono pressoché identici, mentre profitto netto e flussi di cassa operativi relativi all’automotive sono leggermente superiori per Gm. In comune hanno la fortissima dipendenza dal mercato nordamericano, dove realizzano margini superiori al 10%, e un buon contributo a livello operativo da parte della Cina, pari a 1.4 miliardi per Gm e 765 milioni per Ford.
Per quanto riguarda l’Europa, Ford è in pratica un anno avanti rispetto ad Opel: nel 2014 perdeva circa 600 milioni e nel 2015 ha riportato un profitto operativo di 259 milioni di dollari (0.9% di margine), mentre Opel l’anno scorso ha perso 813 milioni (-4.3%).
Con il Sud America in crisi e la Cina che rallenta, le aspettative che la nostra regione contribuisca stabilmente e significativamente ai profitti globali sono diventate sempre più forti: “At some point, margins don’t grow any further,” ha dichiarato Bob Shanks, Cfo di Ford. “At 9.5-10.5% these are extremely strong margins for a volume manufacturer [in North America]. I think the opportunity we have is to get the rest of the business to contribute.”
Discorso a parte merita la Russia; quando era una macchina da soldi, veniva inclusa nei bilanci europei. Adesso che è un bagno di sangue, viene esclusa dai conti, anche se nel medio-termine il mercato “will come back”, statene certi.
A supporto di tali aspettative, vi sarebbero in primo luogo le condizioni economiche favorevoli, ratificate la scorsa settimana dalla Commissione Europea, con una crescita prevista quest’anno all’1.9% (al 2% l’anno prossimo), sostenuta dai bassi prezzi del petrolio, dall’accesso facilitato al credito, e dal cambio dell’euro.
In secondo luogo, si ritiene che gran parte dello sforzo in termini di riduzione di costi dopo la chiusura delle fabbriche di Genk (Ford) e Bochum (Opel), sia stato fatto (“We have reduced costs a lot and we will do a little more, but that’s not how to get there“, dice Neumann). Anche se Ford ha appena annunciato un programma di “separazione volontaria” per centinaia di colletti bianchi con l’obiettivo di risparmiare 200 milioni di dollari, e di voler ridurre ulteriormente i costi di produzione del 7%.
In terzo luogo (Farley e Neumann ovviamente non lo dicono), si pensa di approfittare della situazione in cui si trova Volkswagen per rosicchiare qualche punto di quota nei mercati ‘domestici’, Regno Unito e Germania, dove anche in gennaio le vendite del marchio di Wolfsburg sono scese rispettivamente del 14 e del 9%.
Tuttavia, per andare oltre il fatidico breakeven (che Ford Europa non avrebbe raggiunto lo scorso anno senza un ‘aiutino’ contabile), e guadagnare nei prossimi anni più di cinque punti di margine, è necessario soprattutto crescere, e ciò può avvenire solo con prodotti innovativi che garantiscano allo stesso tempo un aumento dei volumi e un aumento dei prezzi al netto degli sconti.
A tal proposito, Farley sembra avere idee ancora molto vaghe: “One of the things we are going to do differently is that we will have a more focused, more emotional lineup” e per adesso si accontenta di vendere 200mila suv (meno del solo Nissan Qashqai). Mentre Neumann rimpiange di poter contare solo sulla Mokka (“I wish we had three more of these“), e annuncia “a large suv, which will be another very emotional, high-tech flagship for the brand.”
In realtà, a dispetto delle solite dichiarazioni in cui si parla di decine di nuovi prodotti nei prossimi anni (ma spesso si contano versioni con potenziale di vendita limitato), i fattori critici da cui dipenderà la sostenibilità dei profitti di Opel e Ford in Europa sono competitività e produttività. E difficilmente da Detroit, dopo anni di perdite, saranno disposti a concedere altre risorse.
Loro si aspettano di rosicchiare quote di mercato alla ferita VW con prodotti innovativi di cui però si sa in verità molto poco, ma la verità è che VW, nonostante tutto, è stato il gruppo industriale che ha investito di più in R&D nel 2015 (dati ufficiali da Bruxelles) e, a meno di catastrofi, riuscirà molto probabilmente a battere i concorrenti sullo stesso terreno (l’innovazione appunto) sui cui questi ultimi contano di portarsi in vantaggio!
D’altronde Mueller, a meno che non fosse ubriaco quel giorno, ha detto chiaro e tondo che già sono pronti da produrre ben 20 tra nuovi modelli PHEV ed EV, a partire dal Budd-E.
Concordo pienamente con le osservazioni de ILKonz, tanto più che l’asticella dei margini è sempre più in alto per i produttori più generalisti
Bisogna investire in metodi di produzione innovativi e meno costosi, non basta fare belle auto o molto tecnologiche. Penso che VW sia avanti anche in questo ma gli altri no.