Toyota ha stipulato un’alleanza definita “strategica” con Uber. L’accordo prevede un investimento nell’azienda californiana, non ancora quantificato, da parte del colosso nipponico, oltre a sinergie sullo sviluppo di tecnologie a guida autonoma ed agevolazioni sui finanziamenti per gli autisti che decidono di acquistare una Toyota come auto per la loro attività di ride-sharing.
Questa notizia altro non fa che confermare il trend che pare essersi largamente diffuso tra le case automobilistiche: la trasformazione in “mobility company”, non solo costruttori, ma anche in grado di offrire una gamma di servizi post-vendita o, in alcuni casi, in sostituzione della vendita stessa.
Altro punto importante è la collaborazione sul tema della guida autonoma. Toyota è partita (almeno ufficialmente) in ritardo rispetto ad altri marchi, e pare aver scelto la strada delle alleanze (alla FCA) per consolidare la propria posizione. Uber non sarà all’avanguardia nella tecnica, come Google, ma ha dimostrato la propria capacità di progredire, mentre i capitali di una delle più grandi aziende automobilistiche saranno utili anche per contrastare i forzieri pieni di Apple, che continua ad assumere tecnici competenti in materia, senza però scoprire le proprie carte.
Toyota potrà contare su una potenziale flotta di centinaia di migliaia di autisti, principalmente sparsi negli Stati Uniti (ma presenti in molti paesi del mondo), che potranno all’occorrenza diventare cavie cui far testare i propri sviluppi. Decisamente una situazione win-win per entrambi.
Non è neppure il primo costruttore ad aver tentato questa strada: qualche mese fa General Motors ha stretto un simile patto (che prevede un investimento di 500 milioni di dollari) con un competitor di Uber, Lyft, e proprio in questi giorni ne stiamo vedendo i primi frutti, con i test su strada di un modello di taxi a guida autonoma basato sulla Chevrolet Bolt (la risposta di Detroit alla Tesla Model 3), e l’annuncio della loro potenziale entrata in servizio entro un anno.
Siamo ancora all’inizio di questo genere di alleanze, che al momento spuntano come funghi – poche ore prima di Toyota, VW ha annunciato un investimento di 300mln di dollari in un servizio di ride-sharing israeliano, Gett-– per trarne un bilancio bisognerà attendere qualche anno. Molto dipenderà anche dal mercato: è ancora presto per ipotizzare se le case automobilistiche finiranno per inglobare questi loro nuovi partner, o se saranno semplicemente “sedotti ed abbandonati” al raggiungimento degli obiettivi previsti dalle strategie interne.