Abbiamo recentemente visto come l’opinione di certi analisti preveda l’arrivo della guida totalmente autonoma in tempi più rapidi del previsto: oggi invece proviamo a riflettere sull’opinione contraria, secondo il quale l’arrivo della guida completamente autonoma (il livello 5 della classificazione SAE, che sembra oramai divenuta lo standard a riguardo) è ancora lontano.

Klaus Fröhlich, membro del CdA di Bmw, un ingegnere con un passato in R&D, durante un’intervista rilasciata al Salone di Francoforte ha espresso qualche dubbio a riguardo. Il manager tedesco ha indicato in particolare le carenze nello sviluppo di un adeguato modello ambientale, quella serie di dati che permette ai sistemi a guida autonoma di riconoscere ciò che li circonda. Un problema esiste nella creazione di questi modelli: sebbene per farlo siano già usati i dati raccolti dalle attuali auto connesse, è difficile provarne la validità quando molti paesi non hanno ancora approvato leggi per i test su strada di vetture autonome.

Un altro problema è la gestione di questi modelli. Si tratta di una mole enorme di dati in continuo divenire, pertanto è da scartare l’idea di salvarli offline sull’auto, come le mappe dei navigatori satellitari: vanno trasmessi durante la navigazione. Tuttavia non sembra la banda offerta dalle attuali reti di telefonia mobile sia sufficiente, potrebbe essere necessario attendere il 5G, attualmente in fase di sviluppo, il cui arrivo è previsto nel prossimo decennio.

Il modello ambientale non è l’unico cruccio: le macchine a guida autonoma, lungi dall’essere delle Polistil in scala 1:1, dovranno avere, in assenza di campo, una discreta capacità di improvvisazione, al pari dell’autista umano che puntano a sostituire. Ciò si traduce in potenza di calcolo, che al momento non è adeguata. L’hardware ha spesso frenato lo sviluppo digitale nel settore automotive: a differenza di un pc con le sue componenti modulari, non è (facilmente) possibile sostituire una centralina di un’auto per fornirle nuove o aggiornate capacità. E cambiare un’auto non è come sostituire uno smartphone, a livello economico.

Fröhlich sostiene che Intel impiega circa due anni per portare un chip dal laboratorio alla produzione: possiamo aggiungere di più. Con il famigerato ciclo Tick-Tock che ha oramai battuto gli ultimi colpi, la legge di Moore che inizia a fare acqua, l’informatica quantistica ancora troppo lontana, è sempre più difficile aumentare la resa delle tecnologie a nostra disposizione. Questo si traduce nella difficoltà di fare previsioni accurate, anche se al giorno d’oggi lo stato dell’arte sembra concordare con quelle pessimistiche espresse da Herr Fröhlich.

Ciò non deve però scoraggiarci. Viviamo in un mondo pieno di AI, l’intelligenza artificiale. Basti pensare a Google, che nei suoi nuovi Pixel ha profondamente integrato Google Assistant, un’intelligenza artificiale che svolge compiti concettualmente simili a quanto dovrà fare un’auto a guida autonoma: pensa, perlomeno ci prova, al nostro posto. E lo fa abbastanza bene, pur avendo bisogno di grandi data center industriali che rendano possibili queste capacità. Si tratta solo di rinforzare il tutto, rendendolo affidabile, sicuro, più potente, e rimpicciolirlo, abbastanza da poterlo montare in una vettura: è un strada probabilmente lunga, ma ci arriveremo.

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