Jeep delle mie brame, sei tu la più bella del reame Fiat Chrysler, dice Marchionne da Detroit. Con molte ragioni: secondo alcuni analisti, da questo marchio potrebbe venire il 70% degli utili 2017 fatti in Nordamerica (da dove  globalmente poi arrivano oltre il 90% di quelli di tutto il gruppo). L’obiettivo di 2 milioni di unità vendute nel 2018 non è azzardato come altri, tant’è che Marchionne ha rilanciato con Bloomberg parlando ora di 5 milioni entro il 2022, se le cose del marchio andranno in un certo modo. Sicuramente un obiettivo per quando lui non sarà più al volante di Fca, ma questo è un dettaglio.

Jeep delle mie brame, basta dare una occhiata alla crescita delle vendite di due modelli chiave del marchio per tenere sott’occhio qualsiasi prossima mossa di Marchionne. Secondo il Data center di Automotive News a Detroit, la produzione della Jeep Grand Cherokee è passata in dieci anni, dal 2007 al 2017, dalle 127.518 alle 272.989 unità, +114%. La produzione della Wrangler, pure rimasta un fuoristrada puro e duro mentre il mondo della trazione integrale intorno si addolciva in forme e usi da crossover, è cresciuta dalle 156.716 alle 264.829 unità, + 69%. Numeri spettacolari che certo hanno a che fare con la voglia globale di suv assai in voga, ma che certificano come il marchio comunque voli a fronte di una concorrenza crescente.

Jeep delle mie brame, “ha una storia lunga ma i risultati economici li abbiamo visti solo adesso”, afferma Marchionne. Cioè, grazie solo a me. Eppoi niente scorporo, aggiunge, chi l’ha mai detto? Se il titolo in borsa vola, “vedo soltanto un giudizio obiettivo sulle nostre azioni”. E di vendita e fusioni di Fiat Chrysler con un partner? Macché, “non ho più bisogno di nessuno”. 

Contrordine compagni, sono beghe di chi lo seguirà. Per sé ritaglia una sola missione: azzerare il debito, “spero entro il secondo trimestre”. Tutto è a posto e niente in ordine, viene da dire. Ma a teatro stasera non danno di meglio.

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