La notizia ha avuto del clamoroso, seguita da smentite: la Porsche fermerebbe la produzione di diversi suoi modelli fino a quando non avrebbe adeguato la propria gamma ai nuovi regolamenti sulle emissioni, in particolare il ciclo WLTP (Worldwide Harmonized Light-duty Vehicle Test Procedure). E potrebbe non rivelarsi l’unica casa costretta – se così è stato davvero – a misure così drastiche.

Vista la personale familiarità con il mondo dell’informatica, subito mi è scattato il paragone con la tempesta che da una decina di giorni ha iniziato a imperversare sul settore IT, nota con l’acronimo di GDPR, il nuovo Regolamento europeo Generale sulla Protezione dei Dati.

Fonte del marasma di email che vi saranno arrivate in questo periodo, si tratta di una normativa che introduce nuove tutele in materia di privacy e trattamento dei dati, rafforzando quelle già esistenti. Un tema molto sentito, ma purtroppo molto spesso trascurato nel settore informatico, nato letteralmente per organizzare moli di dati.

I paragoni sono facili. Entrambi regolamenti di portata globale (anche se GDPR è europeo, nell’era di Internet assume inevitabilmente connotati mondiali), ambedue hanno a cuore l’interesse dei consumatori, da un lato umano in un caso, da una prospettiva economica ed ecosostenibile nell’altro. Senza dimenticare il paragone che ha scaturito l’idea iniziale di questo articolo, il fatto che le aziende interessate abbiano mancato la scadenza prefissata, o quasi.

Infatti, sebbene un discreto numero di aziende informatiche sia arrivato alla scadenza del 25 maggio 2018 senza aver fatto molto per rendersi “compliant”, conformi alle nuove norme, per le aziende automobilistiche c’è ancora tempo, la scadenza è fissata al 1° settembre 2018 per i veicoli di nuova immatricolazione (è già in vigore per i veicoli di nuova omologazione, i nuovi modelli lanciati sul mercato).

Certo, si potrebbe osservare, che, mentre nel caso di GDPR molte società abbiano dormito nei due anni passati tra l’annuncio del regolamento e la sua entrata in vigore, quando si parla di WLTP il tempo concesso alle case automobilistiche, come dice Porsche, è stato ben inferiore. Tenendo inoltre presente che il ciclo di sviluppo di una vettura ha tempi esponenzialmente più lunghi e presenta sfide più complesse rispetto alla maggioranza dei prodotti informatici.

Però, nonostante il breve preavviso effettivo, si parlava da decenni di un nuovo ciclo che avrebbe sostituito il vetusto NEDC, criticato sin dal secolo scorso. L’annuncio finale, in Europa, è avvenuto a metà 2017, ma già dal 2015 si conoscevano le specifiche avanzate, essendo i lavori dell’UNECE, l’agenzia ONU che si è occupata dello sviluppo di WLTP, iniziati diversi anni prima. E le Case sapevano: dando un’occhiata ai verbali e alle bozze, è possibile trovare nome e cognome di coloro che le rappresentarono in seno al gruppo di lavoro, Porsche inclusa.

Da un settore informatico stereotipicamente formato da individui creativi, più attenti alle funzionalità del prodotto che alle leggi vigenti, una debacle come GDPR era prevedibile. Ma in un settore come quello automotive, ben abituato a dover rispettare miriadi di regolamenti, questa apparente carenza sembra strana, ancor più da un marchio tedesco, visto il famoso rigore comunemente additato alla mentalità teutonica.

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