Per Fca i bilanci del 2019 non sono come tutti gli altri. Se il fidanzamento ufficiale con Psa ha dato una prospettiva di stabilità al Lingotto facendone salire i corsi azionari, ora i dettagli economici dei vari mercati assumono una importanza strategica se davvero si vorrà convolare a nozze senza sottomissioni.

In questo contesto nei giorni scorsi sono arrivati segnali assai interessanti da due mercati nei quali Fca gioca in serie A: l’America e il Brasile.

Com’è noto, gli Stati Uniti hanno chiuso l’anno con vendite complessive intorno ai 17 milioni di pezzi, grosso modo agli stessi livelli dell’anno scorso. Fca ha perso l’1,6%, facendo appena meglio di Gm (-2,2%) e Ford (-3,8%) ma decisamente di più rispetto a Toyota (-5,5%) e soprattutto Nissan (-9%).  In tutto Fca ha venduto in America 2,2 milioni di pezzi cui si aggiungono 200.000 immatricolazioni in Canada, anche qui senza grandi differenze sul 2018.

Perché allora questa volta Fca North America ha fatto squillare le trombe diffondendo addirittura due comunicati stampa per commentare le vendite annuali? Lo ha ben spiegato il sito Allpar.com che da anni segue il mondo Chrysler. “Il fatto è che Fca nel 2019 ha continuato a muoversi con parsimonia e selettività – si legge su Allpar – e non ha ancora assegnato ad alcuni modelli i nuovi motori a quattro cilindri GME e mantiene in linea veicoli vetusti come il Dodge Journey o la Chrysler 300 progettati ai tempi di Daimler”.

Tradotto: aver perso l’1,6% di vendite mantenendo il braccino corto sul costoso rinnovo del portafoglio modelli è un’ottima notizia. Anche perché passando una lente d’ingrandimento sulle vendite di Fca in America si scoprono ben tre dati con evidenti riflessi positivi sul fronte degli utili. Primo: il Ram, il gigantesco e costoso pick up della casa, è risultato il secondo modello più venduto in assoluto negli Usa con 634.000 pezzi cui vanno aggiunte altre 10.000 immatricolazioni canadesi. Secondo: lo stesso Ram, sul quale si dice che Fca guadagni oltre 5.000 euro per esemplare, ha aumentato le vendite del 18%. Terzo: Jeep ha piazzato un milione di veicoli fra Usa e Canada ma mentre le vendite dei modelli più piccoli sono calate (lo stabilimento di Belvidere in Illinois dove si produce la Cherokee non lavorerà per due settimane questo gennaio) sono aumentate a botte di 20.000 pezzi le immatricolazioni dell’assai profittevole Grand Cherokee. Senza contare i quasi 50.000 (fra Usa e Canada)  Jeep Gladiator venduti a peso d’oro.

Insomma tutto lascia credere che anche nel quarto trimestre Fca North America abbia viaggiato su quegli ottimi livelli di profittabilità che nel terzo trimestre le hanno consentito di mettere a segno margini del 10,6% (Ebit adjusted) collocandola a livello di marchi premium.

Il 2019 di Fca sembra luccicare anche in Sud America. In Brasile il Lingotto si è confermato al primo posto nelle vendite con una quota di mercato del 18,7% superiore di un punto rispetto al 2018. Il mercato carioca ha assorbito 366.000 Fiat e 130.000 Jeep (che con soli due modelli ha quasi il 5% del mercato). Nei veicoli commerciali il marchio Fiat viaggia su quote di mercato superiori al 40% e le vendite complessive sono salite del 14% in un mercato cresciuto del 7,5%. Il 2019 dovrebbe confermare l’aumento degli utili che nel terzo trimestre nell’intera America Latina hanno raggiunto la più che rispettabile quota del 6,9% del fatturato nonostante i pessimi riflessi del crollo dell’economia argentina.

Fca a fine mese svelerà tutti i conti del 2019 che comprenderanno anche perdite sensibili in Asia e per Maserati e un probabile sostanziale pareggio in Europa. Dunque le buone notizie dagli Usa e dal Brasile sono essenziali nel quadro del confronto con la Psa e in vista dell’ingresso sulla scena di Carlos Tavares come ceo del nuovo gruppo che nascerà dalla fusione.

Del resto Psa è assente dall’America e in Brasile in tutto il 2018 ha venduto 48.000 vetture, pari all’1,8% del mercato. La fusione insomma non si gioca solo fra Parigi e Torino.

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