Un amico con cui condivido la passione per i motori mi invia un articolo appena pubblicato su The Irish Times: “The true carbon cost of feeding the data centre monster” , uno studio su quanta energia e CO2 consumino e producano la grandi piattaforme mondiali come Netflix. Mi sottolinea questo passo: “ …30 minuti di Netflix corrispondono alla percorrenza fra gli 1 e gli 8 chilometri di un’auto”.  Per quanto la forbice sia molto ampia e rifletta diverse metodologie di calcolo, la tesi è che in tempi di confinamento a casa, Netflix e più in generale tutte le piattaforme digitali che riempiono le nostre giornate inquinino molto più delle auto.

Ma il punto è il dopo, cioè quella che dovrebbe essere la nuova normalità.

Ci troveremo a dover constatare che l’impatto delle nuove forme di organizzazione del lavoro, ed in generale della vita sociale che si preannunciano a mobilità per così dire ridotta, saranno più dannose per l’ambiente di quanto non sia stato nell’era pre-digitale? E ancora: se a causa del distanziamento sociale e della convivenza forzata con quel che resta del virus il trasporto pubblico e il car sharing saranno penalizzati, l’auto resterà ancora al bando delle istituzioni o le verrà riconosciuto un nuovo ruolo centrale nello sviluppo dell’economia e per la vita dei cittadini?

E’ indubbio che negli ultimi anni l’automobile non abbia goduto di grande popolarità, soprattutto qui in Europa: basti pensare alle norme sulle emissioni imposte dalla Commissione Europea – le più severe al mondo – e le limitazioni al traffico in molte città.

Eppure, oggi ci troviamo di fronte al paradosso di dover affrontare l’emergenza proprio favorendo l’auto. Anche per città avanzate come Milano, che per la ripartenza provano a ridisegnare l’intera mobilità urbana, è irrealistico pensare di farcela senza l’auto privata: pare che i tecnici stimino un aumento di 230mila auto /giorno sul territorio dell’area metropolitana.

Per evitare che tanto dogmatiche quanto inconcludenti polemiche sull’inquinamento e sui responsabili diventino la scusa per non fare nulla, si potrebbe prendere questa come l’occasione per ridefinire il ruolo della mobilità privata e indirizzare offerta e domanda su soluzioni efficaci e praticabili.

Pensare infatti di puntare tutto (solo) sull’auto elettrica, come sembra si stia muovendo una parte della industria, soprattutto tedesca – che a Bruxelles sta facendo forti pressione per ottenere sostanziosi incentivi a livello europeo – è illusorio. Politicamente, perché per molti sarebbe come dare soldi ai ricchi che l’auto elettrica possono già permettersela, sia dal punto visto del normale consumatore:  in questo clima di incertezza, chi, anche potendoselo premettere, spenderà davvero più di 30mila euro per una piccola elettrica?

E allora, sarà bene incentivare anche auto a basso impatto e bassi consumi e soprattutto iniziare a pensare a vere soluzioni a basso costo per il consumatore, concentrandosi sulla funzione essenziale che deve svolgere l’auto, o in generale, il mezzo di trasporto privato. Si potrebbe tornare a favorire il ricambio con auto piccole prima ancora che ecologiche, soprattutto se connesse per consentire per esempio di ridurre gli elevatissimi costi di assicurazione o per essere condivise con amici e parenti, quei tanti “congiunti” che per altro tra poco si potranno tornare a trovare.

Insomma, il salto di paradigma può e deve passare per soluzioni innovative, ma non è detto che tutto debba essere a zero emissioni, e quindi costoso o spesso ingombrante come lo sono per esempio i grandi suv elettrificati. E già che ci siamo, si potrebbe pure chiedere agli automobilisti di rinunciare a qualche ora di Netflix a tutto vantaggio dell’ambiente, e, perché no, di qualche buona lettura.

@carblogger_it

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