Non facciamoci mancare niente. Covid permanente, guerra di cui non si vede la fine, siccità eccezionale più le solite catastrofi pubbliche e private, e il problema qual è? Se nel 2035 la Commissione europea vieterà o meno la produzione di motori benzina e diesel.

Ora, Borges sosteneva che scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio, dunque scrivo: fino a quando si può dare un calcio al barattolo dell’elettrificazione della mobilità? Lo so che andare a combustibili fossili è solo una delle cause del cambiamento climatico che sta mettendo arrosto la Terra. Ma il mondo dell’automobile ha una carica così fortemente simbolica che diventerebbe un formidabile esempio da imitare se passasse per magia a emissioni zero.

Perché di magia ha bisogno adesso l’auto elettrica. I costi delle materie prime? Alle stelle. Inflazione? Poveri noi. Denaro facile? The end dalle banche centrali. Gas, petrolio, le annunciate riforme dei prezzi per una energia elettrica più accessibile? “Speravo de morì prima…”, come diceva il tifoso romanista alla notizia dell’addio di Totti. E i business plan dei costruttori? Da riscrivere a fari spenti in corsa, alzando l’asticella dei prezzi al pubblico degli attuali e dei prossimi modelli a batteria. Che sono già in costante aumento in America e in Europa quanto in discesa in Cina, segnala una ricerca di Jato. 

Dall’altra parte, i governi europei vogliono imporre il divieto ai motori endotermici dal 2035 sulla base di una scelta coerente con l’emergenza climatica di cui la scienza c’informa inutilmente da anni e buttano lì una data, per la quale s’impegnano a dare incentivi all’acquisto e una rete diffusa di ricarica per veicoli elettrici, oggi fortemente carente soprattutto in Italia.

Ma con la guerra in Ucraina, ecco che all’emergenza climatica viene anteposta l’emergenza dell’industria difesa. Faccio qui due conti, essendo stato in passato un presunto esperto del settore militare (poi di auto, altra presunzione), quando a ogni riunione Nato dove venivo spedito annotavo le proteste americane sull’ineguale “burden sharing”.

Con il “Decreto Ucraina”, l’Italia ha deciso di portare al 2% del Pil la spesa militare in ambito Nato, passando nelle proiezioni da 25 a 38 miliardi all’anno. A confronto, il Fondo Automotive è nano: 8,7 miliardi spalmati tra il 2022 e il 2030 per auto elettriche e punti di ricarica. Senza dimenticare mai scuola, istruzione e sanità a rischio tagli, come effetto collaterale. E senza tetto né legge sul gas per domani, la coperta mi sembra già corta così.

La Germania, patria europea dell’auto elettrica con il gruppo Volkswagen che ci ha scommesso la sopravvivenza e Mercedes che plaude quasi sola allo stop del 2035, spenderà 100 miliardi in armamenti per entrare in quel che Trump chiamava sarcastico il “2% Club” (la richiesta Usa è sempre stata il 3%). Nelle proiezioni +25 miliardi già nel 2022, il tutto attraverso un fondo speciale da incorporare in costituzione in modo da tenerlo fuori dalle regole del pareggio di bilancio. In geopolitica, è pure il primo grande riarmo tedesco dalla fine della Seconda guerra mondiale. Niente di rassicurante.

Per coincidenza, è la stessa Germania che nel settembre del 2019 (eravamo in un altro mondo) aveva annunciato 100 miliardi di spesa per l’ambiente, auto elettrica compresa, di cui ho perso traccia. L’anno scorso, mi conforta in parte uno studio di Bloomberg Nef, nel pianeta sono stati investiti 273 miliardi di dollari per veicoli elettrici e stazioni di ricarica, +77% sul 2020. Di cui però 110 nella sola Cina, rispetto ai 35 degli Usa e poco meno in Germania.

Non so dove i nostri governi prenderanno i soldi per mantenere – con l’aria che tira – gli impegni verso la mobilità sostenibile, dalle colonnine alle misure di riduzione dell’impatto sul mondo del lavoro di questa trasformazione epocale. Diess, ceo del gruppo Volkswagen, ha detto di essere pronto insieme al suo Paese – a rischio zero gas russo entro l’inverno – a usare anche il carbone per non fermare le fabbriche. Ma che futuro è?

Rabbrividisco ai 40 gradi di questi giorni se mi si propone o auto elettrica o auto a carbone, o peggio tutte e due insieme. Spiace scriverlo, però quell’Europa che lavora per il “combat ready” e che insieme dice stop agli endotermici nel 2035 e via alle sole zero emissioni, oggi suona un po’ così: armiamoci e partite.

@fpatfpat

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