Sono stato indeciso se sull’ultima biografia di Elon Musk sarebbe stato meglio titolare questo post “O Tesla o morte”, ma mi devo ancora riprendere dalle lettura a tappe forzate del librone firmato da Walter Isaacson. Non è che si divorano le pagine, sono loro che ti divorano. Perché non sono solo il racconto di inedite gesta imprenditoriali, da Zip2 a PayPal, da Tesla a SpaceX, da Starlink a Neuralink, passando per The Boring Company e la conquista di Twitter. Sono loro che ti divorano perché narrano soprattutto l’avventura umana – e disumana – di uno di noi, forse.

Nel 2015 avevo letto e recensito subito in Italia la biografia di Elon Musk firmata da Ashlee Vance, scaricandola appena uscita in America per essere tradotta in italiano solo due anni dopo. Quella di Isaacson è uscita il 12 settembre in contemporanea in varie lingue, segno del credito e della popolarità guadagnate nel tempo da Musk. Uno che tira, entrambe da consigliare.

Della biografia di Vance, più centrata sui primi passi imprenditoriali dell’uomo con tante notizie dagli intervistati, ritrovo naturalmente varie cose su questa ultima. Che però è davvero diversa. In giro si leggono, più che recensioni, estrapolati passaggi che eccitino su Tesla. Oltre a interviste a Isaacson e non a Musk. Mah, come se non riuscendo a mangiare una pizza perché non c’è posto, ne parlo con il pizzettaro che la fa.

La parabola di Elon Musk è nella vulgata quella di un miliardario eccentrico che si è creato da solo, capace, ossessivo e ossessionante sul lavoro ma prima con se stesso, un sopravvissuto di successo dovunque abbia messo mano. Pratica un solo mantra: “Le uniche regole sono quelle dettate dalla fisica, tutto il resto sono raccomandazioni”. Poi – o prima – c’è l’altra parabola che emerge dalle pagine di Isaacson: una esperienza di vita dolente, per lui e per chi gli sta intorno in qualsiasi ruolo, dall’operaio all’ingegnere, dalle mogli e compagne ai figli, dal fratello (la sorella Tosca è la grande assente nelle due biografie) ai genitori, con il padre Erroll all’origine di tanti suoi problemi. Una esperienza popolata da nugoli di demoni, insiste il suo biografo. Vorreste somigliargli?

Elon Musk è uno stronzo, dicono di lui anche gli intimi. Elon Musk non ha empatia, apparentemente è senza emozioni, sottolineano altri. Racconta uno dei suoi tanti ingegneri strigliati brutalmente: “A Elon importa moltissimo dell’umanità ma intesa come genere umano, in senso macroscopico”. Tant’è che vuole salvarla portandoci su Marte con i suoi razzi, lasciandoci dietro una Terra devastata forse dall’intelligenza artificiale “cattiva”. “Guarda, è lì che vivrai un giorno”, dice a suo figlio di nome X di tre anni sollevandolo teneramente a portata di un telescopio puntato sul pianeta rosso.

Due frasi di Elon Musk, una riferita da Isaacson e l’altra da Vance, per me condensano l’uomo che fa sospettare di essere venuto da Marte per il suo modo di pensare e agire (chissà, questo spiegherebbe il suo sogno di andare o tornare lassù insieme al piccolo X e al resto dell’umanità). Dice a Isaacson sul modo di affrontare i problemi mentali: “E’ tenerti il dolore e assicurarti di avere davvero a cuore quello che stai facendo”. A Vance sul modo di affrontare tutto il resto: “La mia mentalità è quella di un samurai. Preferirei fare harakiri che fallire”.

PS Credo che dopo le 738 pagine di Isaacson e le 384 di Vance (il primo è da sconsigliare ai manager dell’industria dell’auto) non resisterò a non tornarci su, magari su Tesla (chi detesta l’auto elettrica rischia brutto a leggere i due libri). Però non me la tengo quanto detto a Isaacson sulla Cina, giusto per finire con una risata che ci seppellirà. Quando Musk va a Pechino e Shanghai per incontri ad alto livello con politici e manager cinesi, gli chiedono spesso in che modo il Paese potrebbe diventare più innovativo: “La risposta che do è: sfidando l’autorità”.

@fpatfpat

Commenti
Lascia un commento