Di ritorno dal Salone di Parigi, mi solletica l’idea che fra Carlos Tavares e Luca de Meo non c’è fusione, ma una sintesi sì. Sta nel messaggio che danno su come comportarsi nei confronti della concorrenza cinese in Europa. Una lezione di Realpolitik – qualche loro nemico dirà disperata – in un mare di indicazioni contraddittorie fra i decisori politici e altri costruttori.

Ho ascoltato Tavares e de Meo a debita distanza, trovandoli meno efficaci del solito nelle rispettive comunicazioni da boss di Stellantis e di Renault. Forse perché pensierosi: il primo si rompe ma non si piega per i risultati negativi che sta accumulando, il secondo si piega ma non si rompe per il rinvio sine die dello scorporo in Borsa della sua divisione elettrica.

Due uomini per due gruppi che qualcuno vorrebbe fusi alla francese, come se si trattasse di nucleare. Senza troppi riguardi per l’antitrust europeo e con al volante l’italiano, anche per il prossimo abbandono della scena dell’altro (“Fall of the house of Carlos”, titolo cattivello di Reuters). L’arrivo di un altro italiano alla John Elkann ha suonato per ora il gong: di fusioni non se ne parla, e così non ci siamo più fatti “distrarre”, parole sue. Le riporto perché, è noto, verba volant scripta manent.

Quel che Tavares e de Meo hanno detto in generale lo trovate ovunque (compreso un mio resoconto del secondo su Repubblica). La sintesi è tuttavia una linea rossa, come la Cina, con cui entrambi hanno a che fare in modo per me molto intrigante.

Tavares ha sparato a zero contro i rivali cinesi fino all’anno scorso, quando con un blitz si è accordato con uno di loro, Leapmotor. Sulla carta non il più bravo e nemmeno il più grande. Sulla base di questo accordo, di calcoli su quanto fatto finora da Stellantis nell’efficienza e – sospetto molto – sul conto alla rovescia per la sua uscita dal gruppo, Tavares vuole che venga rispettata l’entrata in vigore nel 2025 delle norme più restrittive sulla CO2 in Europa e che non vengano applicati nuovi dazi all’import di elettriche cinesi. Tutti problemi che immagino ritiene di aver risolto con Leapmotor. Ma anche con l’aria di uno che, se per caso qualcosa andasse storto, sa che ci dovrà pensare il suo successore alla fine del 2025.

De Meo si è limitato a una alzata di spalle nei confronti dell’arrembante concorrenza dell’industria cinese in Europa, “di che stiamo parlando, di un 3% di mercato”? Poi però ha ricordato che con il suo accordo con Geely, il più grande player cinese insieme a Byd, ha messo in piedi Horse, società di produzione di motori “quarta al mondo”. Motori elettrici esclusi, perché quelli si è impegnato con l’Eliseo a farli in Francia. Ma se domani è sempre un alto giorno, perché non qualcuno prossimamente anche a zero emissioni? Il sospetto mi viene quando de Meo sottolinea l’importanza di Busan, la fabbrica Renault in Corea del sud “salvata insieme a 7mila posti di lavoro” con la partecipazione di Geely. Che lì produrrà l’anno prossimo la Polestar 4 elettrica, con vista su Renault Grand Koleos. Piattaforma comune, la francese con motori benzina e full hybrid. Mai dire mai, o ce lo metto un punto interrogativo?

@fpatfpat

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