Il primo dei vincitori è Sergio Marchionne, che è riuscito a inserire la Fiat in quel gruppo di 6 primi della classe che qualche anno fa aveva indicato come gli unici in grado di sopravvivere le trasformazioni in corso nel mondo dell’auto. A Detroit e a Washington lo ringraziano, ma aspettano anche con trepidazione la sua prossima mossa.

Troppe volte in passato il trasferimento di proprietà della Chrysler ha coinciso con l’inizio del saccheggio delle sue risorse di cassa, e l’abbandono dei piani di sviluppo. Questa volta il corteggiamento è durato abbastanza a lungo da legare le due aziende con lacci più forti e vitali, tali da rendere il tradimento un’arma a doppio taglio, che sarà meglio mettere da parte in nome del bene comune.

Passerà alla storia come l’accordo del panettone. Fiat e Veba sono tornati al tavolo delle trattative il 23 di dicembre per definire il passaggio in toto della Chrysler nelle mani di Marchionne, mentre il resto del mondo si preparava a celebrare il Natale. L’annuncio della stretta di mano è arrivato il giorno di Capodanno. Questa volta non ci sono state urla, abbandoni plateali e commenti sprezzanti tra le parti: tutto si è svolto in silenzio, e il comunicato finale irradia armonia e buoni propositi per il futuro.

Come c’era da aspettarsi, la Fiat ha dovuto cedere qualcosa sul prezzo finale dell’acquisizione della quota del 41,5% in mano al fondo pensioni, che tra erogazione straordinaria (1.900 milioni di dollari) ed esborso in contante (1.750 milioni) è stato valutato alla fine 3.650 milioni di dollari. In aggiunta il Chrysler Group verserà un contributo di 700 milioni al Veba in quattro tranche di scadenza annuale, a partire dal 20 di gennaio prossimo.  In totale, una operazione da 4,35 miliardi.

Twitter RattnerSiamo così arrivati all’ultimo atto di una saga che dura ormai da quattro anni e mezzo, da quando il team che Obama aveva nominato per il salvataggio del settore automobilistico americano, aveva indicato nella Fiat l’ultimo principe azzurro disposto a tentare di far riemergere la Chrysler dalla bancarotta. L’operazione è riuscita meglio di quanto chiunque avrebbe potuto auspicare, come ha detto lo stesso Steve Rattner, che di quel team era il principale responsabile: “Nel 2009 la Chrysler valeva zero dollari ,– ha twittato il finanziere, oggi commentatore economico per la CNN – oggi vale 8,8 miliardi. Una grande vittoria per la UAW e per tutti gli americani”.

Il governo ha finito per rimetterci 1,3 dei 12,5 miliardi di dollari che aveva messo a disposizione nella fase critica della transizione. Un prezzo che tutto sommato può essere giudicato come un investimento fruttifero, perché è servito a mantenere e rilanciare i numeri dell’occupazione, e a difendere un tessuto sociale molto esteso che minacciava di sgretolarsi.

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