Cinque anni fa l’industria americana dell’auto si trovava al centro di una inarrestabile rivoluzione: quella del chicco di mais. Era iniziata con una delle tante grida xenofobe che ogni tanto si levano a Washington: “I brasiliani stanno monopolizzando con il loro etanolo estratto dalla canna da zucchero il mercato degli additivi per combustibili! Presto saremo schiavi del loro dominio!” La solerte amministrazione di George Bush passò subito ai ripari. Gli Usa non hanno la canna, ma il granturco corre a fiumi, grazie al regalo originale fatto dagli indiani ai padri pellegrini. Il ministero dell’energia cominciò a sovvenzionarne la produzione per estrarne il prezioso combustibile, e tutte le case automobilistiche adattarono le loro auto per ricevere almeno il 10% se non addirittura il 15 di etanolo nella miscela di benzina alla pompa. Le conseguenze furono disastrose su almeno due fronti. Nel settore agricolo la domanda di “corn” salì così rapidamente che gli allevatori dovettero mettere a dieta le mucche, tradizionali consumatori senza ruote del prodotto, e il rincaro dei prezzi si abbattè sull’intera catena alimentare.
Dall’altra la nascita improvvisa di una nuova categoria di veicoli ad alimentazione flessibile scatenò la munificenza di legislatori pronti a premiare a suon di incentivi gli acquirenti della nuova tecnologia meno inquinante e di sicuro richiamo patriottico. Ne scaturirono arricchimenti illeciti, vendite straordinarie e scandali vivaci. La soglia della decenza fu passata nel gennaio del 2008 quando al salone di Detroit, l’allora presidente della General Motors Rick Wagoner, annunciò che l’accordo commerciale dell’anno era una joint venture con la Coskata, una start up che si proponeva di ricavare etanolo dai trucioli di legno. Di lì ad un anno la crisi demolì prima la domanda per il mais che tornò ad essere ruminato dalle mucche, poi le ambizioni della Coskata che non è mai riuscita ad arrivare in borsa o ad aprire gli impianti promessi; infine toccò allo stesso Wagoner di essere spazzato via dalla bancarotta della GM.
Questa piccola pagina di storia serve qui solo da premessa alla seguente domanda: quando scoppierà in Usa la rivoluzione del gas naturale? Da tre anni a ormai il paese è scosso dalla crescita esplosiva dell’estrazione del gas di scisto con la tecnica della idrofratturazione. In questo breve lasso di tempo gli Usa si sono liberati dalla necessità di importare, e ora esportano i gas e gli idrocarburi estratti. L’impatto sul settore energetico e sulle cifre dell’occupazione è già rilevante. Ma dove sono gli impianti a metano per le automobili? Sono fermi all’utilizzo da parte delle grandi società di trasporti di posta come la UPS e la Fed Ex, alle flotte degli autobus urbani e dei camion per la rimozione dell’immondizia. Quest’anno quattro costruttori di locomotori per autocarri a 18 ruote faranno esordire una nuova generazione di motori da 12 cilindri disegnati per l’utilizzo di gas liquefatto. Ma nel mercato dell’auto la presenza di una Honda Civic modificata è l’unica perla disponibile. Quanto tempo ci vorrà per vedere altre proposte tra le berline, oltre allo scontato arrivo quest’anno di pickup Ford e Chevy ? E chi saranno i coraggiosi pionieri del settore?
[…] ,“i motori a gasolio stentano ancora ad essere accettati dai clienti americani”. A proposito leggete cosa scriveva qualche giorno fa il nostro Flavio Pompetti da New York. A questo punto sembra […]