V8, bisogna averlo guidato almeno una volta nella vita, lo dico emozionato. Il V8 è il motore che ruggisce, è il motore di pochi, è il motore grande grosso che fa bene lì per lì, ma poi non fa bene a nessuno. Nemmeno a un marchio come Bentley, che ci ha costruito buona parte della sua storia di lusso dal 1959, e che lo sta derubricando a favore di un V6 da ibridizzare. Eppure il V8 torna, e mica elettrificato. Duro e puro, quello che ruggisce. Succede (per adesso) nell’America profonda di Donald Trump. Quella più old.

C’è un V8, chiamato amichevolmente Hemi, che rinasce dopo 80 anni, dopo un esordio addirittura su un aereo da combattimento. E’ il V8 di Chrysler, oggi Stellantis. Fatto progressivamente fuori da molti modelli del gruppo nonostante avesse un ceo pilota di auto da corsa come Carlos Tavares, il V8 5.7 torna quest’estate sul grande grosso pick-up Ram 1500, model year 2026. Non solo: il lancio del 1500 Rev elettrico con range extender, che sarebbe stato il suo erede politicamente corretto in tempi di transizione della mobilità ed emergenza climatica, è stato posticipato al 2027. Quello non si vende, quello col V8 sì, è l’equazione di Antonio Filosa, il nuovo ceo di Stellantis, che a dicembre scorso ha richiamato a capo di Ram il veterano Tim Kuniskis, cacciato via insieme ai V8 da Tavares.

C’è un V8 di 7.3 di cilindrata, chiamato poco amichevolmente Godzilla, cui Ford non ha mai rinunciato e che ora pompa insieme alla rivendicazione di essere il costruttore più americano (trumpiano) delle tre di Detroit, con l’80% della produzione già made in Usa. Ma li sorpassa l’eterna rivale grande e grossa Gm, che il mese scorso ha deciso di investire 888 milioni di dollari (cabala? mah) in una sua fabbrica vicino New York, portando via da lì componenti per auto elettriche per costruire la sua sesta generazione di motori V8 dal 2027. Con un ritorno forse anche su Cadillac, il marchio di lusso del gruppo da futuro (annunciato) solo elettrico.

Il V8 è l’oggi e il domani dell’America trumpiana, dunque. Di sicuro è la stessa che taglia fondi alla ricerca at large e cancella incentivi per tutto ciò che sa di efficienza ambientale, con il rischio di restare indietro nell’innovazione mentre il mondo corre in altra direzione.

Anche i cinesi, che in fatto di auto stanno dando sberle a tutti, hanno un V8, ma lo hanno abbandonato sotto l’ammiraglia di partito Hongqi, cioè Bandiera Rossa. Tanti di loro investono molto, chissà perché, su un motore benzina 1500, che non ha cilindri da vendere ma che serve a conquistare i mercati esteri come quasi unica motorizzazione. Meglio se abbinata a un sistema ibrido plug-in –  vedi in Europa Byd o Link&Co di Geely (i primi due costruttori di Cina) – o che faccia da range extender per una elettrica – vedi Leapmotor, socio per altro di Stellantis.

Non l’ho mai capita davvero, perché non ho letto Nietzsche, però una sua nota affermazione sembra perfetta per questo V8: “C’è chi è nato postumo”.

@fpatpat

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