La Ferrari esordisce col botto in borsa: nel primo giorno di contrattazione, il titolo RACE ha chiuso a 55,14 dollari dopo un picco di 60 e una partenza a 52 dollari. Scontato? Sì, come che Marchionne non cambiasse maglione da nero(blu)  a rosso, nemmeno per un giorno. Rimando agli analisti finanziari commenti sul risultato, anche se nulla mi toglie dalla testa che Marchionne non spenderà questi miliardi per ridurre il debito di FCA o per fare chissà cosa con i prodotti. Più facile che li usi (come Dostoevskij) al tavolo da gioco nella partita con GM. O con qualcun altro.

Twitter Ferrari

Detto questo, il successo della Ferrari e della sua nuova corsa (race, pardon) possono contare su un’altra esclusività.

Si chiama Flavio Manzoni, designer della Rossa, eccezione che conferma la nuova regola di Marchionne: la scuola italiana di car design non conta quasi più, ma comanda la globalizzazione. Infatti, la prima linea degli stilisti del gruppo Fiat Chrysler Automobiles è praticamente tutta straniera. Tranne alla Ferrari (per ora), dove il made in Italy resta principale argomento di vendita e per proprietà transitiva (?) Manzoni resta al suo posto.

Maranello esclusa, a dare notizia del cambio di stagione in FCA (stilisticamente parlando) è stata la rivista Auto & Design seguita da Automotive News Europe. Un’aria o una tendenza (segnalata a suo tempo anche da Carblogger.it), che sembra andare di moda anche altrove.

Per nomi e cognomi, leggetevi i link, mi limito a qualche osservazione: 1) Roberto Giolito, autore della Fiat 500, è stato mandato a disegnare furgoni; 2) Walter de Silva, a capo del design globale del gruppo Volkswagen, entro pochi mesi lascerà il ruolo e non sarà sostituito; 3) alla Lamborghini il capo designer non è un (ultimo) giapponese ma l’italiano Filippo Perini. Altra eccezione che conferma – se non la regola – la tendenza?

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