Fiat Chrysler sembra non avere più voce dopo la scomparsa di Sergio Marchionne (mi piace mettere una vecchia foto di famiglia del 2014 a Ginevra, qui sopra) Eppure Mike Manley, il nuovo ceo, mi dicono abbia fama di buon comunicatore almeno negli Stati Uniti, dove passa la maggior parte del suo tempo. Eppure John Elkann, il presidente di Fiat Chrysler, ha rimesso le mani sul volante nel dopo Marchionne, sia in Fca che in Ferrari. Ma per ora il risultato è che Fiat Chrysler non comunica più.

Prendete la cessione di Magneti Marelli. Un colpaccio, visto che è stata venduta per 6,2 miliardi a Calsonic Kansei, più del previsto o del prevedibile. Ma anche se l’operazione fosse stata avviata e portata sulla soglia di un accordo da Marchionne (e non lo so), è curioso che Manley, alla sua prima firma da ceo, si sia limitato a prenderne atto con uno scarno comunicato da Londra.

Forse non gli è stato permesso di dire quanto è stato bravo? Certo non dimentico che mentre Marchionne deteneva cinque poltrone nel gruppo – ceo di Fca, ceo e presidente di Ferrari, ceo di Cnh, vice presidente di Exor non operativo – a Manley è stata data soltanto la prima. Magari c’entra, magari no. Cinque a uno e palla al centro.

Un centro dove invece adesso c’è Elkann, che su Magneti Marelli ha incassato alla grande: 2 dei 6,2 miliardi dell’operazione diventeranno dividendi straordinari per gli azionisti, cioè la famiglia numerosa e allargata Agnelli-Elkann. Prendi i soldi e taci.

Alcuni possibili risvolti di questa cessione miliardaria li ho trovati soltanto in una analisi su il Sole 24 ore, piuttosto interessante: “Lo spezzatino di Fiat Chrysler rischia di essere indigesto per l’Italia”.

Cose da brivido, considerando che Lega e 5 Stelle al governo continuano a ignorare cosa sia Fiat Chrysler, cosa siano le sue fabbriche e i suoi lavoratori, quanto soffra il gruppo in Italia e in Europa, quanto sia sempre più lontano il baricentro del colosso dell’auto facendo i soldi negli Stati Uniti (+15,7% di vendite in ottobre, molto meglio di Ford).

In occasione della trimestrale di Fiat Chrysler, Manley in realtà ha parlato con gli analisti e ha detto una cosa, in particolare: niente alleanze, faremo da soli.

A parte il fatto che la regola prima nel business è parlare con tutti, la regola seconda è che nella transizione alla nuova mobilità – fatta di investimenti colossali su automazione, intelligenza artificiale ed elettrificazione – le alleanze sono necessarie, se non obbligatorie. Innaturali (ma questo è un aggettivo novecentesco) con aziende del tech, naturali con simili.

Se oggi perfino Ford e Volkswagen si muovono in questo senso, perché non può essere che Fiat Chrysler cerchi un partner per esempio sull‘elettrificazione, dove è indietro?

A meno che Manley non sia autorizzato né a dire né a fare, e che ci stia pensando Elkann. Con Marchionne non accadeva. Ma che strano silenzio, però.

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