Da qualche settimana il presidente della Toyota, Akio Toyoda, ha avviato una serie di cambiamenti che hanno sconvolto i piani alti della corporation giapponese. Mantenere un senso d’urgenza, anche quando si fanno soldi a palate (18 miliardi di utile la stima per il 2019), è sempre stata una caratteristica e un vantaggio competitivo di Toyota, ma stavolta c’è di più. Si tratta di una vera e propria rivoluzione.

In pratica, vengono eliminate le posizioni di vice-presidenti esecutivi, tipiche di tutte, o quasi, le strutture organizzative complesse che operano a livello globale, consolidandole con quelle di “Operating Officer”. Così recita l’annuncio: “With the posts of executive vice president and operating officer consolidated, operating officers will serve as chief officers, as presidents of in-house companies, as regional CEOs, and as persons in charge of various functions, and their roles will be further clarified. Such roles will not be fixed, so as to allow the right people to take on responsibilities where and as needed”.

Ai sette “Operating Officer” esistenti se ne aggiunge uno nuovo, James Kuffner, americano, che inoltre rimpiazza Didier Leroy nel Board of Directors, composto da otto membri (tra cui Toyoda, President e Uchiyamada, Chairman ed altri due Operating Officer, Kobayashi e Terashi) più un esterno, Sir Philip Craven, già a capo dell’International Paralympic Committee (IPC).

Per ora nessuno viene nominato al posto di Leroy, Chief Competitive Officer, un ruolo peraltro mai legittimato dalle regioni più importanti in cui Toyota opera, Usa e Giappone. Leroy mantiene lo status di director, e la posizione di Chairman di Toyota Europa, dove la responsabilità a livello operativo è saldamente nelle mani del Region CEO, Johan van Zyl.

Il top manager francese sembra essere uscito improvvisamente dalle grazie di Akio. Cosa sia successo, non è dato sapere, anche se le dichiarazioni di quest’ultimo, contenute nel press release di inizio marzo in cui venivano annunciate le dimissioni di Leroy e di altri due “Operating Officer” giapponesi, non sembrano di circostanza: “My experiences have reawakened within me the belief that people who work for Toyota must safeguard the fundamental stance of being honest, nondeceptive and open”. Sarà che Leroy guadagnava il triplo degli altri, Toyoda compreso. Forse c’entra la corsa alla posizione di ceo di Renault, poi vinta dall’italiano Luca De Meo, o forse no.

La verità è che l’iniziativa di Toyoda è un segno dei tempi, della necessità di adeguare, in modo brutale, le competenze degli executive alla sfida formidabile che il gruppo è chiamato ad affrontare in questo decennio.

Leroy ha 62 anni, è un uomo di produzione, che prima di assumere ruoli internazionali era il capo della fabbrica di Valenciennes (dove viene prodotta la Yaris), mentre Kuffner di anni ne ha 48,  è un esperto di robotica e gestisce, con Gill Pratt, il Toyota Research Institute, che negli ultimi due anni ha beneficiato di investimenti per miliardi di dollari.

E’ che Akio, che a maggio compie 64 anni, vuole lasciare una traccia, sentendosi depositario della missione di trasferire personalmente e senza filtri alle generazioni più giovani quello che ritiene essere lo spirito Toyota: “For the next generation, I believe that what I must do more than anything else is to strengthen and enrich the positive traits that we have inherited. During my time as president, we will break bad habits altogether and give rebirth to our essential essence”.

Si dice che qualcuno all’interno abbia osato criticare il Toyota Production System (TPS), il leggendario sistema di produzione che ha fatto scuola in tutto il mondo. Secondo alcuni, sarebbe inadatto in un contesto che richiede un’organizzazione agile e non burocratica. E che per contenere al massimo i costi, ci si dimentichi del cliente. Ma Toyoda sostiene il contrario, e ha sottolineato con forza che “the source of Toyota’s competitiveness lies in the Toyota Production System (TPS) and in our ability to refine costs, how we look at things and think about them. As our successes accumulated, the basics of TPS weakened, and I keenly felt that we were letting slip away the inherent characteristics of Toyota”.

La crisi causata dal coronavirus, con il conseguente rinvio delle Olimpiadi che dovevano essere lo showcase mondiale di Toyota, sta mettendo a dura prova la leadership dello stesso Akio, che, preoccupato da un possibile blocco della produzione anche in Giappone, come già avvenuto in Europa e Stati Uniti, nei giorni scorsi aveva in qualche modo minimizzato l’impatto della pandemia.

“Don’t worry much, but be earnest and help each other. At a time like this, we should smile and do everything we can to overcome the situation. So smile, smile.” Salvo poi pubblicare un video su Instagram (qui il link) in cui si prodiga di raccomandazioni nei confronti della “Toyota family”, e ribadisce un‘attitudine che, dopo quasi novant’anni di storia, gli va riconosciuta: “When the going gets tough, Toyota get going”.

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