Difficilmente Torino dimenticherà la data del 23 febbraio 2021, giorno della seconda visita agli stabilimenti italiani di Stellantis da parte di Carlos Tavares. Chiaro. Diretto. Gentile. Alla mano e al tempo stesso ruvido come a Torino non ricordavano nemmeno Sergio Marchionne, uno che anche quando martellava infilava sempre qualche briciola di citazione filosofica.

Tavares questa volta è entrato nel merito. Ha portato in Piemonte il linguaggio dei numeri, quello che piace agli ingegneri e ai supermanager quando arrivano in un’azienda. Tema generalmente spinoso per i lavoratori ma anche per chi comandava prima.

Abbiamo la tabellina, elementare e drammatica, che il patron franco-portoghese ha presentato ai delegati dei lavoratori (attenzione, non ai sindacalisti)  degli stabilimenti di Grugliasco e di Mirafiori.

Ecco i costi di ammortamento per prodotto e il paragone con alcuni stabilimenti in Francia e Spagna:

Grugliasco, 6.000 euro per vettura (Ghibli e Quattroporte);

Mirafiori, 3.300 euro per ogni Levante Maserati e 1.200 euro per la 500e;

Moulhouse (Francia), 1.400 euro per la premium DS7 Crossback;

Spagna, 500 euro per una elettrica del segmento 500e.

Senza dare questi numeri, sui giornali la notizia è stata la seguente: i costi degli stabilimenti italiani, in particolare di quelli torinesi e fra questi in particolare di quello di Grugliasco, sono fuori scala. Era un segreto di Pulcinella. Come si sapeva un’altra verità sulla quale Tavares è stato cristallino: i costi esagerati non dipendono dai salari degli operai italiani che sono nettamente inferiori a quelli dei loro colleghi francesi.

Mai messaggio fu più schietto. Uscendo dalla riunione, i rappresentanti dei lavoratori, indipendentemente dalla sigla sindacale di appartenenza, lo hanno dichiarato ai giornali senza rabbia o rancore: il re è nudo. Traduzione: “Per ridurre i costi servono nuovi modelli per sfruttare al massimo i macchinari, ma per ottenere nuovi modelli da Tavares bisognerà che capi e operai di Torino si rimbocchino le maniche”.

Che cosa significa in concreto? E’ presto per dirlo. Tavares ha fatto capire che vuole investire su Maserati e sull’elettrico ma non a costi fuori mercato. E’ lo stesso discorso che fece in Spagna agli operai della Opel di Saragozza nel 2018 (ne parlammo qui) prima di assegnare loro la nuova Corsa. Ne nacque un caso Pomigliano con tanto di referendum: 60% di “si” a nuove regole di lavoro e 40% “no”.

A Torino già qualcuno comincia a ipotizzare di offrire a Tavares ulteriori aumenti di produttività migliorando i processi di lavoro tramite un giro di vite del sistema produttivo World Class Manufacturing (Wcm). Qualcun altro è più drastico e si chiede se vale la pena tenere aperto lo stabilimento di Grugliasco, che oggi produce poche Ghibli e Quattroporte, mentre forse sarebbe meglio trasferire linee e lavoratori a Mirafiori (tre milioni di metri quadri) che è mezzo vuoto.

Del resto l’acquisto nel 2010 di Grugliasco, la ex Bertone che a Torino era un monumento, è un episodio assai controverso nella telenovela piemontese della Fiat: fu fortemente voluto da Marchionne, certo non contro il volere degli Agnelli, nonostante le furibonde litigate con l’allora capo del manufacturing Stefan Ketter che lo giudicava piccolo e, appunto, costoso.

I numeri di Grugliasco sembrano effettivamente insostenibili. Ma quello stabilimento è radicato nel cuore della capitale italiana dell’auto. E poi si chiama Agap, Avvocato Giovanni Agnelli Plant. Possibile che la Famiglia ne consenta la chiusura o il ridimensionamento proprio nella fase di lancio di Stellantis?

Altro che fredde: le cifre portate da Tavares sono roventi. Portano dritte al cuore della “questione italiana” di Stellantis, ovvero del peso che la rete industriale tricolore avrà nella “federazione” franco-italo-americana che governa il nuovo gigante. E forse scolpiranno anche il profilo dell’ultima generazione degli Agnelli e del loro rapporto con la città e con la comunità ex Fiat che conta su 50.000 dipendenti diretti in Italia. Storicamente, anche nei momenti di contrapposizione sindacale più dura, la Famiglia ha sempre assicurato la smussatura delle punte più severe delle ristrutturazioni progettate dal management, persino durante il regno assoluto di Marchionne. E ora?

John Elkann anche questa volta, come ha fatto per le fabbriche di Melfi e di Cassino, ha accompagnato Tavares nella visita negli stabilimenti per i quali il supermanager non ha nascosto elogi non formali per il livello tecnologico e la qualità dei processi produttivi. Il presidente di Exor non era presente però all’incontro di Tavares con i rappresentanti dei lavoratori.

Anche questo aspetto dello stile di lavoro introdotto dal nuovo amministratore delegato  è molto innovativo: non ha incontrato i sindacalisti ma i rappresentanti dei lavoratori che operano nelle fabbriche. Al fianco del manager non c’era un rappresentante delle Risorse Umane di Stellantis ma il direttore dello stabilimento. Non si tratta di dettagli da poco.

Il capo di Stellantis non ha voluto aprire una trattativa sindacale in senso classico ma qualcosa che sembra somigliare a un dialogo “fra colleghi” che lavorano sotto lo stesso capannone. In Italia, queste dinamiche sono riservate alle piccole e medie aziende. Ma si tratta di una novità importante che i lavoratori ex-Fiat sbaglierebbero a sottovalutare. Si tratta di trasformare una partecipazione formale in qualcosa di concreto. Perché all’evidenza Tavares non porta in Italia solo “lacrime e sangue” ma opportunità nuove. A saperle cogliere. Magari con l’aiuto di un premier come Mario Draghi che di economia e di equilibri europei ne mastica più di tutti.

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