L’intervista rilasciata da Carlos Tavares ad un gruppo ristretto di quotidiani europei, tra cui il Corriere della Sera (sorprendentemente non La Repubblica o La Stampa che fanno parte del gruppo Gedi la cui proprietà è di Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli), è destinata a suscitare le reazioni più disparate da parte dei vari “attori” chiamati in causa, dai politici ai sindacati, dai fornitori ai concessionari agli stessi consumatori.
Mai il ceo di Stellantis aveva illustrato in un modo così perentorio quali saranno secondo lui le conseguenze delle scelte politiche imposte all’industria automobilistica dalla Commissione Europea in materia di transizione energetica.
Innanzitutto, Tavares sostiene che per compensare il costo dei veicoli elettrici (circa il doppio rispetto a veicoli ibridi leggeri), nei prossimi cinque anni saranno necessari aumenti di produttività medi annui del 10%, vale a dire il triplo dei livelli attuali. Il che significa che l’impegno preso al momento della fusione di conseguire risparmi per 5 miliardi di euro l’anno grazie alle sinergie di gruppo sarebbe largamente insufficiente a far quadrare i conti, e che ulteriori iniziative, a parità di fatturato, si renderebbero necessarie per tagliare i costi, a meno che i governi non sovvenzionino pesantemente (ipotesi poco probabile, non siamo la Norvegia) la vendita dei veicoli elettrici.
Ciò vale soprattutto per l’Italia, dove i costi di produzione sono più alti rispetto alle fabbriche di altri Paesi europei, nonostante un costo del lavoro più basso, a causa del prezzo dell’energia e di un’organizzazione che va migliorata. Con buona pace del Wcm all’italiana tanto pubblicizzato ai tempi di Sergio Marchionne.
Tavares ribadisce che non guardare l’intero ciclo di vita delle auto elettriche è fuorviante, evidenziando che un veicolo elettrico deve percorrere 70mila km prima di compensare l’impronta digitale CO2 generata dalla fabbricazione della batteria. Solo a quel punto diventa relativamente più pulito rispetto ad un ibrido leggero (Tavares non cita altre tecnologie ibride).
La questione è ampiamente dibattuta: i talebani dell’elettrico sostengono che in realtà il punto di pareggio è significativamente inferiore, a noi non dispiace la proposta di Akio Toyoda di introdurre due categorie distinte, a seconda dell’energia che utilizzano.
Una categoria è quella dei veicoli a riduzione di carbonio. Se l’energia che alimenta i veicoli non è pulita, l’uso di un veicolo elettrificato, di qualsiasi tipo, non porterebbe a zero emissioni di CO2. L’altra categoria è quella dei veicoli ad emissioni zero, che funzionano con energia pulita e raggiungono zero emissioni di CO2 durante l’intero processo di utilizzo.
Secondo Tavares, vietare la vendita di veicoli termici in Europa a partire dal 2035, in assenza di incentivi, renderebbe di fatto inaccessibili, ad un prezzo medio di 30 mila euro, i veicoli elettrici alle classi medie.
Opinione condivisibile, anche se in futuro molti opteranno per soluzioni di utilizzo anziché di proprietà del veicolo. In ogni caso, il rischio di un calo di volumi è concreto, anche se Tavares opportunamente non ne parla. Oltre ad avere un impatto sulla produttività dei costruttori, ciò avrebbe un effetto negativo sui profitti della rete di concessionari, che oggi si trova ad affrontare l’incertezza dei margini derivante dai nuovi sistemi di distribuzione che alcune Case, tra cui Stellantis, hanno dichiarato di voler introdurre, e dall’intenzione delle stesse Case di avvalersi sempre di più di un proprio canale di vendita online.
Ma Tavares non sembra preoccuparsene, anzi afferma che “per i concessionari, è l’occasione per compiere una svolta verso la qualità del servizio e la frugalità”.
[…] che su Termoli “non abbiamo ancora concluso”, ricorda che in Italia ci sono costi di produzione troppo alti così come quelli dell’energia (sottolinea q…mentre sulla promessa di non chiudere fabbriche (quelle italiane sono in rosso, come ben spiega qui […]