Alla Lamborghini azienda e sindacati hanno firmato un contratto di lavoro da sogno per i lavoratori. Settimana corta, aumenti in busta paga, più diritti, nuove assunzioni. Un modello unico nel mondo dell’industria dell’auto in una situazione unica. Che è come mettere sul mercato un modello a quattro ruote ineguagliabile per originalità e prestazioni sulla concorrenza. Perché se si sogna, in una azienda si sogna in due. E solo quando da parte dei vertici c’è volontà e capacità di farlo.

C’è più di un motivo perché alla Lamborghini azienda e sindacati, compreso Fiom che a Sant’Agata Bolognese tessera l’80% dei lavoratori, abbiano creato questo nuovo modello straordinario, una specie di super Urus. L’intesa è centrata sulla settimana corta, tema caldissimo nel mondo occidentale. Quanto? Vi propongo una sintesi (oltre che il link) di questo studio internazionale di alcuni mesi fa di Future Forum: oltre l’80% delle persone desidera la flessibilità del luogo di lavoro. Ma ciò che il 93% dei lavoratori desidera di più è la flessibilità degli orari.

Alla Lamborghini domanda e offerta si sono incontrate nel punto più alto, come non capita spesso sui mercati di ogni tipo. Da parte sindacale se lo spiegano con vari motivi, il primo dei quali è ciò che avrebbe contribuito di più a questo modello raro: la Lamborghini è da 25 anni di proprietà Audi, gruppo Volkswagen, dunque con una cultura della cogestione propria del capitalismo renano. Sistema inapplicabile in Italia dove le regole sono altre, quanto intelligentemente applicabile nello spirito per creare una relazione consolidata, aperta e rispettosa, fra azienda e sindacati.

Naturalmente agevola molto che la Lamborghini abbia spalle larghe e conti da record. Nei primi nove mesi dell’anno ha aumentato fatturato, vendite e utili come non mai, con un risultato operativo che ha superato quello dell’intero 2022. Bell’auto-regalo per i suoi primi 60 anni di vita. E naturalmente agevola che sia una realtà industriale piccola, anche se la settimana corta in Italia è passata in forme diverse in una multinazionale come Luxottica e a Intesa, la prima banca italiana.

La variabile umana resta primaria, tanto più in tempi di intelligenza artificiale (“hello fellow humans”, sfotte una newsletter americana quanto la trovo al mattino nella posta elettronica). Alla Lamborghini, come accade in Ferrari e alla Ducati e in molte delle nostre perle industriali della Motor Valley, ragazze e ragazzi ci vanno non solo per l’ambizione di un lavoro ma di un lavoro in queste precise realtà. Fa la differenza, per il funzionamento di un’azienda. E credo s’imbattano a volte in un capo che personalizza in modo più coinvolgente il luogo dove spendono una parte importante del loro tempo.

Lamborghini è guidata da Stephan Winkelmann, presidente e amministratore delegato, uno cui piace mettere la faccia in pubblico su tutto quello che fa. Nato in Germania, studi e lunga permanenza in Italia, ex Fiat, più che romano di adozione mi risulta essere un romanista sfegatato nonostante nome e cognome da nobile prussiano. Winkelmann è tornato a casa Lamborghini da tre anni dopo averla diretta per 11 anni fra il 2005 e il 2016, creando all’interno un forte senso di appartenenza al marchio.

In mezzo ci sono stati quattro anni di Stefano Domenicali, approdato poi al Circus della Formula 1 alla fine del 2020, ma anche per la sua dirigenza mi sono arrivate storie di appartenenza all’azienda e alla persona che la guida. Come un giovane ingegnere figlio di un amico, che un giorno ha motivato al padre il cambio radicale di lavoro volando dall’altra parte del mondo perché “orfano” del suo amministratore delegato.

Winkelmann, Fiom, Fim, gli altri sindacati e tutti i lavoratori di Lamborghini mi sembrano dei supereroi. Quelli di una volta che battono sempre i cattivi e restano sempre al nostro fianco. Dico i supereroi di genere americano con cui siamo cresciuti, non quelli dei manga giapponesi nei quali ogni tanto uno muore provocando qualche suicidio tra i giovani fan.

In un mondo in cui il lavoro è troppo spesso sottopagato e non riconosciuto nei diritti da chi dirige,  mi piace pensare che a Sant’Agata Bolognese ci siano – da una parte e dall’altra – difensori vincenti del tempo della vita. Buon 2024, intanto solo a loro.

@fpatfpat

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