Reazioni opposte. Di fronte alla crisi, c’è chi si tira indietro e chi attacca. Opel sceglie di attaccare. Il problema della Casa tedesca, di proprietà degli americani di General Motors, è lo stesso delle altre industrie generaliste europee: sovraccapacità produttiva. Troppi impianti (e lavoratori) per le auto vendute. Una situazione che ha già costretto Opel a chiudere lo stabilimento di Anversa in Belgio e nel 2015 toccherà a Bochum: se la decisione verrà confermata (le discussioni con i sindacati sono ancora in atto), sarebbe la prima fabbrica di auto a chiudere in Germania dopo la seconda guerra mondiale. D’altronde la decisione sembra inevitabile. I numeri parlano da soli: il pareggio di bilancio annunciato dal management tedesco per il 2011, non è arrivato neppure nel 2012 con perdite per circa 1 miliardo di euro. Il ritorno alla redditività ora è previsto per il 2015.

In situazioni simili, altre Case europee hanno tirato i remi in barca in attesa di tempi migliori, non Opel: “nei prossimi mesi investiremo diversi miliardi di euro” la rassicurazione, seppur senza indicazione del “quanto”, di Steve Girsky, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Opel. C’è poi la partnership siglata con Psa (operativa da fine 2016) e la strategia annunciata nei giorni scorsi: 23 nuovi modelli (restyling compresi) e 13 nuovi motori entro il 2016. Difficile trovare numeri simili nella concorrenza. Si comincia dalla Mokka, il crossover compatto sviluppato in Corea insieme a Chevrolet. La domanda di questo tipo di vetture è una delle poche in Europa in forte crescita: a fronte di un’offerta oggi limitata a Nissan Juke e Mitsubishi ASX (la Mini Countrymann è fuori gara), Opel ha giocato d’anticipo rispetto alle rivali e inizia a raccogliere i risultati con quasi 50.000 ordini nei primi mesi di commercializzazione.

La scommessa più grande e coraggiosa però si chiama Adam. L’auto è stata sviluppata e prodotta per un solo mercato (Europa), per di più in contrazione. Non solo: il segmento delle piccole raggiunge numeri importanti solo in Italia, Francia, Germania e Uk. Nessuna possibilità poi di aumentare le economie di scala e vedere in futuro l’Adam anche in versione Chevrolet. L’opposto della globalizzazione alla quale ci hanno abituato negli ultimi mesi le Case automobilistiche. Non solo. La sfida è ambiziosa: giocarsela con Fiat 500 e Mini. Non ci sono riusciti finora due colossi come Toyota (iQ) e Volkswagen (up!), riuscirà a spuntarla Opel? L’obiettivo delle 40-50.000 Adam nel 2013 (non ufficiale) sarà raggiunto?. Qualche perplessità c’è (il prezzo di listino delle versioni più appetibili non è basso e i motori non sono di ultima generazione) ma l’auto è divertente, la personalizzazione quasi infinita (30.000 le combinazioni possibili). L’Adam riuscirà poi a migliorare la percezione di Opel nei confronti del pubblico: la Casa tedesca oggi ha la migliore gamma della sua storia ma l’immagine sembra rimasta legata a quella delle vecchie Kadett. Concreta, affidabile ma non competititiva con i marchi premium come vorrebbero i manager tedeschi: con Adam ora si potrebbe alzare verso l’alto l’asticella di fascino e prezzi, avvicinando per la prima volta anche un pubblico più giovane (e femminile). Il resto, almeno in Italia dove lo spot andrà in onda (in altri Paesi europei hanno scelto testimonial differenti … ), lo farà un testimonial d’eccezione come Valentino Rossi. Poi c’è il coraggio: in tempi come questi, vale da solo il successo dell’operazione.

(da Panoramauto – gennaio 2013)

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