Pochi giorni fa, Facebook ha annunciato il Journalism Project: non si tratta di un prodotto innovativo o di una nuova funzionalità, quanto di un manifesto dove vengono dettate le linee guida che, in un prossimo futuro, dovrebbero portare il gigante di Menlo Park ad una presenza più definita e credibile nel mondo dell’informazione.

Vi chiederete perché parlarne su queste pagine. Confesso che sulle prime mi è sembrato un compito assai complicato. Invece avevo la risposta sotto gli occhi: Volkswagen.

Pensateci bene. Facebook, che negli anni ha sempre dovuto affrontare critiche relative ai contenuti fuorvianti condivisi dagli utenti, ha iniziato questa serie di iniziative a seguito della proverbiale “goccia che ha fatto traboccare il vaso”: le elezioni presidenziali americane dello scorso novembre.

Una storia in qualche modo avvicinabile a quella del colosso teutonico che, una mattina di settembre 2015, si è vista crollare un mondo addosso, compresa quell’immagine da “prima della classe” sapientemente costruita negli anni. I paragoni sono ovunque: in entrambi i casi le storie sono state gonfiate oltre misura. Le “bufale” giravano sulla rete ben prima dell’era dei social network, lo facevano tramite miliardi di email e post sui forum (o BBS), dipende da quanto volete andare indietro). La colpevolezza di Volkswagen è innegabile, anche se le sanzioni comminate dalle autorità americane sono ben superiori ad altri scandali opinabilmente più gravi (basti pensare alle vite umane perse grazie agli airbag di Takata, agli acceleratori di Toyota, o ai blocchetti d’accensione di Gm).

Anche Volkswagen, come Facebook, ha bisogno di recuperare la propria credibilità, e ha deciso di farlo accettando le responsabilità e le pesanti multe ed annunciando un ambizioso piano industriale incentrato sull’elettrico, con assunzioni mirate di nuovi tecnici che dovranno contribuire a progettare e lanciare ben 20 modelli elettrici entro la fine del decennio, per divenire leader nella e-mobility entro il 2025.

E’ più in salita il cammino di Facebook: esso non è che solo uno fra i tanti metodi con cui le famigerate “fake news” trovano diffusione, anche immunizzando totalmente la piattaforma poco cambierebbe nei vasti campi della Rete. Il dialogo è una componente essenziale dell’essere umano, anche quando sfocia in discussioni rovinose. Parafrasando Umberto Eco, gli imbecilli sono sempre esistiti, i social media sono solo un catalizzatore.

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