La guida autonoma sembra essere sempre più vicina. Una decina d’anni fa un’auto di serie al massimo poteva parcheggiarsi da sola, o procedere in autostrada rispettando velocità e distanza di sicurezza. Oggi invece vediamo vetture in grado di procedere autonomamente in varie situazioni, sotto la supervisione dell’autista, con la promessa di ulteriori rivoluzioni, se non l’arrivo della guida completamente autonoma, entro la fine del decennio.
Tutto ciò rende necessario la creazione di apposite legislazioni e linee guida per permettere una corretta applicazione delle tecnologie sviluppate. Per questo molte realtà, siano esse governi, associazioni, o entità di vario genere, stanno già dedicando tempo e risorse per contribuire alla realizzazione di questa visione. In prima fila troviamo spesso le aziende appartenenti al settore della mobilità alternativa, società che attendono con trepidazione l’arrivo della guida autonoma.
In questo contesto, un consorzio di stakeholder guidato da Robin Chase, cofondatrice di Zipcar (un’azienda di car sharing acquisita da Avis nel 2013) ha lanciato un decalogo chiamato “Shared mobility principles for livable cities”, ovvero “Principi di mobilità condivisa per città vivibili”, dieci punti da seguire per promuovere la crescita di una mobilità alternativa sostenibile nelle moderne città.
L’annuncio, risalente ad ottobre, è passato sottotono, fino alla scorsa settimana quando questo decalogo è tornato alla ribalta, complice l’annuncio della sua sottoscrizione da parte di 15 aziende del settore. Nomi conosciuti, come Uber, Lyft e BlaBlaCar. Tuttavia il tam tam mediatico non è dipeso principalmente da ciò, ma si è formato attorno al decimo punto dell’elenco in questione, che sembra in particolar modo delineare l’idea che le aziende di ride/car sharing hanno per il futuro della guida autonoma.
“We support that autonomous vehicles in dense urban areas should be operated only in shared fleets.”, questo recita la frase incriminata. In parole povere, questo consorzio sostiene che, per massimizzare l’affidabilità e la sicurezza dei veicoli autonomi, è meglio lasciare che, perlomeno nei grandi ambienti urbani, essi siano gestiti in flotte dipendenti dalle società del settore, non singoli privati. Quanto dicono per giustificare questo punto non è così fuori luogo: sostengono che, essendo i veicoli autonomi sistemi molto complicati, sarebbe bene lasciare la loro manutenzione a professionisti, in modo da mantenerli sempre aggiornati e correttamente operativi. Inoltre molti dei potenziali benefici derivanti dal loro uso (come riduzione del parco veicoli circolanti, con conseguente riduzione di emissioni inquinanti e spazio occupato dai parcheggi) a loro parere si possono concretizzare solo tramite una gestione centralizzata in flotte.
Ciò si contrappone all’idea classica dell’auto, che, sin dalla nascita, l’ha vista come mezzo “privato” per definizione, una visione con la quale sono potenzialmente d’accordo molte case automobilistiche, visto che implica maggiori vendite.
Tuttavia non bisogna sottovalutare quanto avviene oggi sul mercato: le nuove generazioni sembrano più propense a spendere in esperienze, piuttosto che in beni materiali, e il pensiero che quanto ipotizzato divenga realtà, per quanto l’istinto possa far pensare al contrario, non è da scartare.
Cioè….l’oste che dice “bevete solo il mio vino”…..Wow, che novità….