Provo a mettere in fila tre eventi di questi ultimi giorni. Due li conoscono tutti: la nascita di Stellantis e il piano di Luca de Meo per Renault. Il terzo è passato sotto silenzio ma è ancora  importante: Ford ha smesso di produrre auto in Brasile e ha chiuso due fabbriche con effetto immediato e una terza entro la fine dell’anno. Dall’oggi al domani sono saltati 5.000 posti di lavoro e uno spicchio di Pil del Paese garantito da 100.000 vetture assemblate all’anno.

Che cos’hanno in comune queste tre storie? Ci dicono che l’auto sta diluendo la sua componente di bene pubblico da sostenere a tutti i costi. A me pare che Stellantis, Renault e Ford abbiano fatto compiere all’automotive un altro passo nel lungo cammino che potrebbe trasformare il settore da principale biglietto da visita di comunità nazionali a un “normale” comparto di beni indistinguibili, di commodities.

Ma davvero un giorno sceglieremo un’auto come facciamo oggi con i detersivi o con il gas? E’ vero o no che anche a causa di questo passaggio ancora abbozzato i giganti digitali stanno buttando l’occhio sull’automotive? Il filo rosso che unisce i casi di Stellantis, Renault e Ford è forse poco appariscente. E tuttavia a me pare sia ben visibile.

Stellantis per sua natura va oltre il concetto di impresa “nazionale”. Potrebbe essere definita un campione europeo ma in realtà la sua fortuna in termini di profitti è in America e in Brasile, come la Fiat carioca ha già dimostrato a quella piemontese persino prima di Marchionne. Comunque, anche se Stellantis punterà sull’afflato americano per Jeep, su quello italiano per Alfa Romeo e Maserati e su quello francese per Peugeot, i suoi legami con gli stati originali nei quali si sono sviluppate Fiat, Peugeot e Chrysler si sono allentati per sempre. La Francia ha mugugnato, ma la sede di Stellantis, partecipata dallo stato francese, è nei Paesi Bassi.

Per Renault, simbolo della Francia, l’allentamento dei legami con la madrepatria è questione di vita o di morte. De Meo ha lanciato una nuova divisione adatta ai tempi per i servizi alla mobilità, ma poi ha detto in modo chiarissimo “punteremo su paesi a forte competitività come Marocco e Romania o ad alto mergine come India e Corea” e si appresta a sfoltire di 4.500 unità i posti di lavoro francesi.

E Ford? Il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, è andato su tutte le furie e ha spifferato alla stampa carioca che Ford ha ottenuto 3,77 miliardi di dollari dallo stato brasiliano e che ora non riceverà più neanche un real. Anche qui è letteralmente deflagrato un equilibrio pubblico-privato costruito in 100 anni visto che Ford produceva auto in Brasile dagli anni Venti del secolo scorso.

Insomma, le sovvenzioni pubbliche, anche se unite a costi bassi, non bastano più a tenere in piedi strutture industriali cariche di simboli se non sono più capaci di generare progetti e risorse umane e finanziarie in modo autonomo. E non è più detto che il nazionalismo economico di ritorno debba viaggiare su quattro ruote.

Lascia un commento