I miracoli non esistono per un laico, ma se esistessero potrei restare folgorato da quelli di Mario Draghi e di Carlos Tavares. Anche se per Super Mario nemmeno Google trova un corrispondente Super Carlos di qualsiasi tipo, nell’incertezza dei tempi conviene aspettare cosa riuscirà a combinare il ceo di Stellantis. Dovesse liquefarsi il mio, di sangue.

Se Draghi è santo subito, Tavares aspira. Overnight Draghi fa diventare europeista Salvini? Tavares dice Lancia premium e piovono titoli, come fosse cosa fatta. Draghi dà una inimmaginabile chance a Grillo e Berlusconi? Tavares ne promette una più radiosa a Chrysler, definita “un pilastro” dopo la fusione fra Psa e Fca.

Certo, se Draghi ha i 5 Stelle, Tavares ha Stellantis. Se Draghi ha Renzi, Tavares ha Manley. Oddio, se Draghi ha Mattarella, Tavares ha John Elkann… ma nella moltiplicazione di pani e pesci come sono certi obiettivi del business automobilistico, tutto fa brodo.

Lancia premium? Il marchio italiano ha una storia magnifica di innovazione e di stile, ma dal 2017 è venduto nella sola Italia e sconosciuto al resto del mondo, circa 42.000 unità nel 2020 di un monomodello. Quella Ypsilon regina di cuori del suo segmento, nata nel lontano 2003 e in carriera qualche restyling e un cambio di pianale nel 2011, da quello della Punto a quello della Panda. Non rivoluzioni. In effetti servirebbe un miracolo per un rilancio del marchio, ne sarei contento per motivi affettivi.

Chrysler pilastro? Il marchio americano ha (come Lancia) una storia magnifica di innovazione e di stile, ma in Europa non esiste più e in America non raggiunge l’1% di quota di mercato. Ha solo tre modelli in listino, Pacifica, Voyager e 300, cioè due monovolume e una berlina quando il mercato richiede solo suv. Nel 2014 Marchionne diceva che Chrysler avrebbe dovuto fare come Toyota. Vabbè, ci vorrebbe anche qui un miracolo, una cosa tipo “Imported from Detroit (evoca un “Imported from Frankfurt”, con Draghi eminenza senza Eminem).

Ma non è che Tavares è meglio di Draghi in quanto a super obiettivi? Di sicuro il secondo è santo subito, il primo ci deve ancora diventare. Va’ poi a vedere se “whatever it takes”.

Il ceo di Stellantis, tuttavia, farebbe bene a cercarsi qualche testo in lingua non italiana di Federico Caffè. Sì, l’economista keynesiano misteriosamente scomparso nel 1987 di cui Draghi è stato allievo a Roma. Un super allievo, mi raccontava l’altro giorno un caro amico che studiava con lui, che già a quei tempi scrisse la tesi direttamente in inglese per poi andarsene al Mit.

C’è un monito di Caffè che Tavares dovrebbe imparare a memoria (e forse noi tutti, anche senza essere in una posizione così apicale): “Agli uomini abbiamo sostituito i numeri”. Ci vorrebbe un miracolo per capirlo davvero.

@fpatfpat

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