Limitarsi ad andare a 30 km/h in città? Un pomeriggio estivo di venerdì, di quelli in cui a Roma non lavora da un pezzo quasi nessuno come fossimo tutti deputati e senatori, sul lungotevere con la mia Vespa ho preso una multa andando a 54 km/h (dunque intorno ai 60 da tachimetro). L’autovelox mobile era stato piazzato controsole in uno splendido tramonto romano, quasi da fare i complimenti alla pattuglia. Ma se fossi andato a 30 km/h, come capita spesso per traffico e se va bene in una città da parcheggi fino in terza fila, l’avrei visto eccome.
30 km/h, il limite posto dal comune di Bologna al suo intero territorio è diffuso in Italia in quasi settanta comuni, dove però viene applicato solo in determinate zone. Al modello esteso di Bologna stanno pensando Milano e Parma. 30 km/h è un limite che piace in tutte le sue forme a molte altre amministrazioni di città europee, dalla ultratrentennale Graz dove è applicato all’80% delle strade, alla civile Zurigo, deciso dai cittadini con un referendum e accompagnato da un aumento degli investimenti sul trasporto pubblico.
Andare a 30 km/h è un segno di civiltà: significa tante cose, ma se la riduzione di rumore ed emissioni è un risultato controverso in base a studi indipendenti, è una certezza che meno velocità equivale a maggiore sicurezza. Perché una frenata di emergenza è più efficace per minore spazio/tempo necessario (leggi della fisica), perché chi guida piano va sano e lontano (legge del buonsenso), perché chi va a piedi o su due ruote ha più probabilità di farcela (fattore c).
30 km/h segno di civiltà, che il ministro dei Trasporti Salvini tramuta in uno scontro di civiltà. Perché la sua contrarietà ai 30 km/h (salvo intorno a scuole e ospedali, dice) è il suo livello di senso civico con cui rincorre voti elettorali in libera uscita verso il melonismo pigliatutto. Un modo per inseguire scontento e solleticare altri scontenti con l’ideona parallela di aumentare i limiti autostradali a 150 km/h.
Ogni anno, dicono le statistiche del World Health Organization dell’Onu, muoiono per incidenti stradali circa 1,3 milioni di persone, sostengono una ogni 24 secondi. I più a rischio sono i pedoni, seguiti da ciclisti, motociclisti, utenti in monopattino. Tutti non santi e spesso con comportamenti più pericolosi di chi è al volante, ma vittime più facili di velocità e distrazione.
Se il limite di 30 km/h significa anche salvare una vita in più, è questo il tema intorno al quale fare progressi. Provvedimento che magari sarebbe meglio fosse applicato dall’amministrazione comunale dopo avere coinvolto le persone che vivono i quartieri, in un processo orizzontale guidato sempre dal decisore politico. Ma che sia una scelta di civiltà da fare, non scontro di civiltà.
Nulla da condividere o da ridire sullo scontro di civilta’, ma 30 all’ora dapertutto in citta’ e’ semplicemente assurdo, vuol dire disincentivare la libera mobilita’, colpevolizzare gli automobilsti (gia’ tartassati con ogni possibile balzello), aumentare l’entropia delle nostre citta’ ed incentivare l’inquinamento, con auto in gran parte termiche, tutte in fila e per un tempo maggiorato rispetto al passato. E’ quesdta la civilta’ o solo un semplice “furore ideologico” ? io spero che a Roma siano piu’ attenti se non vogliono una rivolta civile …