La Cina è vicina è uno slogan degli anni 60 che suonava minaccioso nell’Italia democristiana. Nella realtà, la Cina rimase lontana e lo slogan tutto al più ispirò – più che scontri sessantottini di strada – il titolo del film omonimo del 1967 del regista Marco Bellocchio o la tessera numero 1 degli “interisti maoisti” di Armando Cossutta, uno degli ultimi comunisti italiani.
Nell’auto di oggi, una Cina molto post denghista è già tra noi, con la sua tecnologia e con gli stili di vita delle sue classi medie e ricche che assomigliano sempre più alle nostre. Eppure c’è chi sembra voler evocare quello slogan la Cina è vicina secondo la narrazione temibile che ci stiano invadendo con i loro modelli a basso prezzo perché sovvenzionati dallo stato. E aiutati da una Europa consegnatasi al nemico dopo aver deciso di rinunciare dal 2035 alla tecnologia del motore a scoppio nella quale era in vantaggio.
La verità è che la Cina di Xi Jinping cerca la supremazia, non più solo la competizione, all’alba di un nuovo ordine mondiale. E non essendo un paese democratico, preoccupa. Nell’auto però se lo permette dopo avere imparato tutto da noi occidentali, attraendo nostri investimenti e garantendoci in cambio profitti stellari da riportare a casa. Cuccagna finita.
Oggi la supremazia corre non su un tipo di motore ma sulla tecnologia at large, dove i cinesi sono più avanti (nell’automotive “di una generazione”, secondo il ceo di Renault Luca de Meo). Microchip, software, intelligenza artificiale non sono più dominio esclusivo degli Usa, ma strumenti della seconda superpotenza mondiale con i quali dichiara apertamente di voler diventare la prima. Rispondere a questa Cina del tech con dazi doganali fa ridere, se non ci fosse niente da ridere. Rispondere con la ricerca e con accordi di coesistenza (come ha fatto per primo e poi copiato il vituperato Tavares, detto Carlos) non fa ridere, perché continua a non esserci niente da ridere.
Supremazia? Steve Jobs amava molto una canzone di Bob Dylan, credo perché parlasse un po’ alla sua storia. La metterei in questo viaggio cantandola in faccia a maoisti ed eredi, tanto più che i futuri restano innumerevoli: “Lo sconfitto di oggi/sarà il vincitore di domani/perché i tempi stanno cambiando”.