Da questa parte di mondo dove sembra si parli soltanto di motori elettrici, ibridi e a idrogeno e di guida autonoma, la Volkswagen  è venuta a fare un mea culpa per lo scandalo dei test truccati sulle emissioni di alcuni motori diesel del gruppo. Lo hanno fatto due top manager tedeschi, il capo della Volkswagen in Giappone e il boss mondiale del marchio. Seguendo un copione rigido, nel paese in cui le scuse hanno storicamente un rituale preciso e culturalmente sono spesso l’ultimo atto prima di un karahiri.

Sven Stein, Volkswagen Giappone, ha preso la parola per scusarsi subito dello scandalo. E a un certo punto ha chinato il capo in silenzio, come è uso nel paese che lo ospita. Sono poi seguite parole sui 16 anni che il marchio tedesco opera in Giappone, sulla “business reputation” da difendere con orgoglio insieme ai motori diesel venduti, “siamo stati i primi a portarli in Giappone”.

Al Salone ha poi preso la parola Herbert Diess, l’amministratore delegato di Volkswagen, “per la prima volta qui a Tokyo” in questa veste (è un ex Bmw). Diess si è scusato con meno enfasi, aggiungendo parole sagge quanto scontate: “La fiducia è la cosa più importante per noi”, abbiamo detto “tutta la verità”, “dopo questa crisi vogliamo creare una Volkswagen migliore”. Il resto fa parte della presentazione di prodotto, con il lancio anche in Giappone della nuova Volkswagen Touran, della Tiguan GTE ibrida plug in e la sottolineatura del programma di elettrificazione della gamma in atto.

Diess finisce di parlare, mi sposto all’Audi dove c’è un’altra conferenza stampa.  Qui niente scuse, come del resto è stato fatto nella pagina pubblicitaria uscita in Italia , in cui solo Volkswagen ha chiesto venia ai suoi clienti per lo scandalo sulle emissioni. E non Audi, Skoda e Seat, che pure hanno anche loro consumatori con motori non in regola con le normative. Fine delle scuse, e nessun harakiri. Anche perché i tedeschi, in fondo, a loro modo ci hanno già provato.

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