Dopo l’IPO del 21 ottobre alla borsa di New York, da oggi Ferrari è quotata anche alla Borsa di Milano. Se in portafoglio avete già titoli di Fca, vi distribuiranno un’azione Ferrari ogni 10 Fca. Ma se voi doveste investire in azioni Ferrari, a cosa guardereste? Al cuore o al portafoglio? Quando si tratta di investimenti è sempre meglio mantenersi lucidi e valutare gli elementi che potrebbero far muovere il vostro investimento nel medio/lungo termine. E ricordare che, specialmente nelle prime settimane di quotazione, è un po’ inutile guardare le quotazioni, perché i movimenti saranno influenzati dai flussi derivanti dalla sistemazione di posizioni in acquisto o in vendita, successive all’IPO, con possibili prese di profitto o acquisti che non sono legati alle valutazioni ma ad altre considerazioni.

Ma quali sono gli elementi che potrebbero far salire o scendere le quotazioni di Ferrari nel futuro? Si parte dal considerare le fonti di guadagno future  ma anche le possibili riduzioni di costi, dopodichè si cerca di capire cosa è già incluso nei prezzi attuali e cosa invece non lo è ancora. Vediamo insieme qualche elemento che potrebbe incidere sulle valutazioni, senza avere alcuna pretesa di essere esaustiva.

Prima di tutto il numero di auto vendute e il “catalogo prodotti”. Il 2015 dovrebbe chiudersi con circa 7.000 auto vendute che, entro il 2019, dovrebbero arrivare ad essere circa 9.000. Andare oltre questo numero è possibile ma improbabile per due motivi: il primo è per evitare di sottoporre le vendite ad elementi legati alla ciclicità, il secondo è per mantenere l’esclusività e il valore legato alla “scarsità”.

Ugualmente improbabile è che ci possa essere una nuova supercar a breve. Prima della LaFerrari (le cui vendite termineranno nel 2016 con il raggiungimento delle 499 unità previste), ci fu la Enzo, tra il 2002 e il 2004, lasciando quindi dieci anni di vuoto per un nuovo modello. Magari non passeranno altri dieci anni, ma sicuramente se ne parla dopo il 2020. Il 2016 potrebbe quindi non portare altre notizie nuove in termini di nuovi modelli visto che anche la produzione della F12 TdF (799 unità) è interamente venduta, prima addirittura che ne inizi la produzione nel primo trimestre di quest’anno.

Stare sotto le 10.000 unità totali vendute nel mondo garantisce poi a Ferrari la possibilità di rimanere negli Small Volume Manufacturer (SVM), che le permette loro di usufruire delle deroghe in termini di limiti sulle emissioni, in ogni stato dove questi esistano. Ad esempio in America non dovrebbe vendere più di 5.000 auto (e nel 2014 ne ha vendute meno della metà). Difficile pensare che questi limiti possano cambiare prima del 2020 quindi, almeno per un po’, anche questo fattore di rischio non costituisce un punto rilevante.

Un’altra fonte di entrate è costituita dal livello di personalizzazione delle auto. A oggi, le Ferrari hanno un tasso di personalizzazione pari a circa il 15%. Ma si tratta di un business molto profittevole che, se portato anche al 25-30%, avrebbe un notevole impatto positivo sui bilanci (alcuni analisti stimano che in Bentley la personalizzazione sia intorno al 20-25%, anche se c’è da dire che i prezzi di listino di partenza delle due case sono un po’ diversi).

Un altro elemento che potrebbe migliorare il bilancio della casa di Maranello è la riduzione dei costi legati alla Formula 1. Si tratta di un argomento su cui c’è poca trasparenza (anche lato ricavi), ma una cosa è certa: Ferrari non vince un titolo dal 2008 e ormai non si può più aspettare molto per poter giustificare un coinvolgimento così intenso.

Il management di Ferrari, in passato, ha alluso più volte alla possibilità di estendere la gamma di prodotti anche ad altri settori, ma al momento non c’è ancora una strategia chiara. Potrebbero essere le moto, ma è difficile che ci siano notizie sull’argomento, almeno fino al 2017. Potrebbero anche partire dal merchandising attuale per allargare il “catalogo”, come hanno fatto altri brand in passato: ad esempio Cartier con gli orologi (in origine solo gioielleria), Chanel con profumi e cosmetici (in origine solo una casa di moda), Hermès con borse e foulard (in origine attrezzatura per equitazione). Ci vuole però molto tempo per fare un passaggio del genere e i margini collegati non sono altissimi (basti pensare a Porsche con Porsche Design, Pirelli con P Zero e Bugatti).

Un altro ambito in cui sta “diversificando” Ferrari sono i Parchi a tema: operativo dal 2010 quello di Abu Dhabi, partirà verso la fine del 2016 (anche inizio 2017) quello nuovo di Barcellona. Pare che Ferrari abbia ricevuto diverse richieste per la costruzione di nuovi parchi, quindi non è escluso che ne aprano di nuovi, specialmente in Asia, magari già uno entro il 2019. Una precisazione è d’obbligo: Ferrari non è proprietaria del parco ma dà solo la licenza del marchio, dunque è sicuramente un business ad alto margine poiché richiede un basso impiego di capitale. Certo è che la contribuzione complessiva sul bilancio non è altissima.

C’è poi un altro fattore da considerare che è la vendita dei motori che per Ferrari rappresenta circa il 10% delle entrate. Ferrari produce i V6 e i V8 per Maserati e gli analisti stimano che l’attuale produzione di circa 35.000 motori potrebbe aumentare di altre 10.000 unità entro il 2019, grazie all’introduzione del suv Levante. Ma di questo non c’è ovviamente certezza, perché tutto dipende da come andranno le vendite delle Maserati. Un alto fattore di incertezza da tenere monitorato, anche se un business a basso margine per Ferrari. C’è poi la fornitura di motori per alcuni team di Formula 1 (Sauber, Toro Rosso e team Haas), che tuttavia contribuisce solo a una piccola parte del bilancio Ferrari.

A tutto ciò va aggiunto il fatto che il 14 dicembre Marchionne ha paventato la possibilità del rientro di Alfa Romeo nelle competizioni. Se ci fosse bisogno della collaborazione di Ferrari, bisognerà anche valutare l’impatto economico di questa nuova “attività” sul bilancio.

Insomma,  non è facile decidere se mantenersi neutrali, comprare o vendere l’azione Ferrari. Ognuno decida senza condizionamenti ma senza mai dimenticare la prima regola dei mercati: “Buy on rumors, sell the news”, si compra sulle indiscrezioni e si prende profitto quando esce la notizia a conferma delle indiscrezioni!

Commenti
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    Nell’articolo c’è un errore di date: in realtà l’ultimo titolo piloti la Ferrari l’ha vinto nel 2007, per la precisione il 21 ottobre a Interlagos.
    Ma poi è normale che le azioni FCA abbiano perso più del 30% subito dopo lo scorporo Ferrari?

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    Nel 2008 Ferrari ha vinto il titolo costruttori.
    Per quanto riguarda la diminuzione del valore delle azioni di FCA, non si tratta di una “perdita” ma semplicemente del repricing dell’azione, successivo al fatto che dai bilanci di FCA viene tolta una delle fonti di guadagno, che sono appunto gli utili derivanti da Ferrari. Faccio un esempio per semplificare, anche se è approssimativo. Prima avevo 10 azioni FCA che valevano X al prezzo Y; adesso ho 10 azioni FCA al prezzo Z (dove Z = Y-valore Ferrari) + 1 azione Ferrari. In una situazione ideale i due importi dovrebbero essere uguali. In realtà l’obiettivo della quotazione è che la somma delle due azioni singole (FCA + Ferrari) dopo lo scorporo, sia maggiore del precedente singolo valore di FCA. Col tempo vedremo se l’operazione è riuscita.

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