Potrebbe andarsene sulla Volkswagen Passat wagon di servizio sbattendo la porta in faccia ai partiti da un momento all’altro, ma intanto ha promesso un miliardo di euro all’anno fino al 2030 per aiutare tutta la filiera automobilistica a transitare verso l’elettrico. Tanti soldi all’intero settore non si erano mai visti (se arriveranno) in un Paese in cui sostenere l’auto è sempre significato sostenere la Fiat e basta. O per dirla con le parole dell’Avvocato parafrasando un motto nato in Gm, quel che è bene per Fiat è bene per l’Italia.
Mario Draghi è l’amico geniale di un’auto in panne dopo che la politica europea ha deciso un cambio di paradigma in nome della sostenibilità. Non servono solo incentivi all’acquisto, ma infrastrutture per la ricarica e molte altre cose come formazione per creare nuovi posti di lavoro, compensando almeno parzialmente quelli che verranno cancellati da una innovazione che semplifica i processi produttivi e da una domanda di mercato destinata a ridursi.
Oggi partiamo in ritardo rispetto ad altri paesi europei per esempio su ricariche o idrogeno, ma finalmente partiamo.
Draghi è l’amico geniale dell’auto perché tutto questo non sarebbe stato possibile senza i soldi del Pnrr – se e come rispetteremo i parametri per averli e se e come li sapremo spendere – salvo che il Pnrr finisce nel 2026, non nel 2030. E sorvolando sulle elezioni fissate per ora al 2023, che preludono in genere a un cambio di governo. Draghi ha tuttavia preso un impegno per il settore che nessuno aveva mai fatto.
Per il 2022, i soldi per l’auto (800 milioni invece di 1 miliardo perché il primo trimestre se ne è andato il tempo che faranno il decreto) sono stati trovati nelle pieghe del bilancio dal ministro dell’economia Daniele Franco. Genialata, altro che più deficit. “Daniele”, lo chiama ripetutamente Draghi in conferenza stampa a sottolineare il rapporto privilegiato tra i due che nessuno dei ministri politici può vantare. Un super tecnico con una super conoscenza del bilancio pubblico, mi conferma un amico che ha lavorato con lui.
Meno male che il presidente del consiglio ha comunque buon feeling con Giancarlo Giorgetti, ministro per lo Sviluppo economico, il quale ha potuto mettere a punto la creazione di questo fondo per l’industria della mobilità anche con un occhio alla base elettorale del suo partito, composta molto dalla piccola e media impresa del nord Italia legata a doppio filo alle sorti dell’auto.
Certo, i privati dovranno continuare a fare la loro parte, ha sottolineato Giorgetti, mandando un messaggio innanzitutto alla Fiat che oggi si chiama Stellantis. Dove la Famiglia dell’Avvocato (che per coincidenza nelle stesse ore pagherà circa 1 miliardo al fisco italiano per chiudere una pendenza del 2016 legata a Fca) sta dentro insieme ai francesi di Carlos Tavares, con azioni che né pesate né contate le danno il volante in mano. E Stellantis ha adesso mani libere in Italia dopo aver restituito in anticipo il prestito garantito dallo stato di 6,3 miliardi, parole di un preoccupato Giorgetti in una intervista al Sole 24 Ore del 16 febbraio.
A Tavares basterà l’impegno del nostro amico geniale dopo aver ammonito più volte che la produzione del gruppo nelle fabbriche italiane è di qualità ma costa troppo? Spero che il governo firmi l’accordo per la gigafacory di Termoli prima dell’1 marzo, giorno in cui Tavares darà i target finanziari e i compiti per casa a tutti. Potrebbe calmare la fame, almeno per un po’.
Franco ha da tempo trovato i soldi, Giorgetti ha specificato che sono 369 milioni da parte pubblica (non è chiaro se stanno dentro gli 800 del fondo 2022), ma l’annuncio della firma continua a slittare. Non sono tanti 369 milioni considerando che le due gigafactory equivalenti in Francia e Germania prevedono investimenti complessivi per 5 miliardi. Meglio che niente, con l’aria che tira.
Per l’auto e non solo, dovremmo forse sperare che Draghi resti al suo posto whatever it takes. Ma ha già fatto capire che non sarà così.
Insomma, altri soldi alla famiglia che ha svuotato i conti dello stato italiano, senza nemmeno più avere la sede qua. Sai che novità. Bravissimo davvero Draghi.