Jeep Avenger è stata premiata Auto dell’anno. Notizia nella notizia, è la prima volta in 60 anni che il marchio porta a casa questo premio di una giuria europea. E sono passati giusto 80 anni da quando l’Europa conobbe la sua progenitrice Willys, al volante della quale sbarcò l’esercito statunitense in soccorso alle democrazie occidentali contro il nazismo. La storia ha sempre il suo fascino.
Jeep Avenger è un baby suv di quattro metri a zero emissioni. Intelligentemente, in Italia e in Spagna sarà venduto in alternativa anche con un 1200 benzina, perché nel nostro Club Med la transizione elettrica è più sofferta che nel resto d’Europa: poche colonnine e buste paga più basse. Quanto è prosaica l’attualità.
Ho visto da vicino Jeep Avenger al Salone di Parigi in ottobre e mi è piaciuta. Sembra avere quel che serve per fare colpo, a cominciare dalle dimensioni compatte per le nostre città e dalla calandra firmata a sette feritoie. Marchio e gruppo ci puntano molto se dichiarano una capacità produttiva annua fino a 100mila unità nella fabbrica polacca di Tychy. E più che mai scommettono sul like dell’Italia, che già oggi conta circa la metà degli acquisti di Jeep in Europa.
Jeep Avenger è la bandiera di una riscossa del marchio che in Europa tuttavia non arriva come fossimo nel deserto dei tartari. Eppure Jeep è un marchio forte perché globale. Gallina dalle uova d’oro ai tempi di Chrysler e poi di Fiat Chrysler, molto valorizzata da Marchionne che nel 2017 solo da qui ricavò il 70% degli utili di gruppo in Nordamerica e che nel suo ultimo piano industriale del 2018 indicò un target stellare di 5 milioni di Jeep vendute per la fine del 2022.
Non è andata così e soprattutto è l’Europa a non tirare come la reputazione del marchio farebbe pensare. La quota è ferma all’1% del mercato e non è come nel mondo reale di Oxfam dove l’1% vale più del restante 99%. Meglio l’Italia con il suo 3% e che non fa rima con niente. Negli Stati uniti, nel 2022 sono state vendute Jeep circa sette volte di più che in Europa, 684mila. Con margini da sogno.
Insomma, Jeep ha un problema sul Vecchio Continente che la piccola Avenger può aiutare a risolvere ma fino a un certo punto. Il marchio più yankee che ci sia (vedrei bene che diventasse un cruciale argomento di vendita se persino Ford vuole adesso sterzare sull’americanità nel marketing per l’Europa) è in piena rivoluzione: un francese alla guida invece di un cowboy, Christian Meunier, e un processo di elettrificazione spinta che per un brand di fuoristrada è come portare un diabetico in pasticceria. Ma il diabete si cura e la pasticceria resta aperta a tutti.
Buy American, abbiamo sempre seguito qualsiasi moda venuta da lì, perché non insistere? O l’emozione tutta americana trasmessa da Bruce Springsteen al Super Bowl di due anni fa, urbi et orbi, chi se la dimentica?
Quantomeno, credo che per Jeep puntare sullo yankee potrebbe funzionare meglio di quanto avvenne poco meno di dieci anni fa con il posizionamento della nuova Cherokee. Durante la presentazione chiesi al boss di Fca Alfredo Altavilla se avevo capito bene i prezzi della nuova generazione del suv, per me stranamente allineati a quelli delle best seller Bmw X3 e Audi Q5. “Sì, prezzi da premium come i tedeschi”, mi rispose spavaldo. Scossi la testa e si sa, fra il dire e il fare rimase il mare. Anche se eravamo a Torino.