La piccola Alpine non riuscirà a uccidere la grande Renault perché, al contrario di Davide e Golia, entrambe godono della protezione dello stesso signore, il ceo Luca de Meo. Ma se questa non vi sembra una strana storia da antico testamento, poco ci manca (e rispettando qualsiasi religione).

Fino all’arrivo di de Meo in cima alla montagna del gruppo francese, Alpine era un pastorello più o meno da 700 macchine (pecore) all’anno. Renault in quel momento era un gigante fragile, ma aveva pur sempre una spada, una lancia e uno scudo. De Meo alzò subito lo scudo a difesa del suo guerriero malmesso, gli prestò cure e pensò a come utilizzare quella lancia abbandonata.

Vide Alpine e gli diede invece una fionda per trasformarla in Davide. Cinque sassi in tasca, cinque nuovi modelli del marchio nei prossimi cinque anni, una elettrificazione totale al posto delle torce e la promessa di portarla separata un giorno da re Saul (cioè in Borsa). Alla base, un cambio di missione: non centrare in fronte Renault che nel frattempo si stava riprendendo (da quasi 8 miliardi di perdite a 888 milioni di utili) ma far sfruttare al gigante rinfrancato la nomea di Alpine.

E così fu. Alpine assunse addirittura il nome della squadra della Formula 1 al posto di Renault, mentre il suo valore teorico sarebbe stato accresciuto da 50 a 500 milioni secondo Laurent Rossi, uno dei fratelli soldati di Davide.

Alpine diventò un Esprit per gli allestimenti di tutte le Renault, un tocco di sportività riconoscibile al posto del vetusto simbolo RS accantonato. Ma anche un tocco di margine in più per l’uomo seduto in cima alla montagna del gruppo, voluto e pagato per esempio dal 56% degli acquirenti del suv Renault Austral con punte del 70% nella penisola italiana. Infine, ma forse è solo l’inizio, un colore dominante: quel Blu Alpine con cui adornare e lanciare un suv di segmento D come Renault Rafale, simbolo (in attesa di mercato) di futuro passato.

Davide non ebbe bisogno delle armi in ferro dei filistei come Golia e non le volle nemmeno in bronzo, alleandosi anzi con il gigante Renault con cui si onorarono reciprocamente. Non so se succederà anche a Cupra e Seat, vicenda da penisola iberica da seguire con qualche apprensione (per Seat) in cui mise lo zampino un antico de Meo. E alzando gli occhi al cielo, sono testimone che provò sempre lui, antichissimo, con Abarth e Fiat. Qui non s’intravidero miracoli, né vincitori e vinti. Ma questa è un’altra storia.

@fpatfpat

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